Oltre 120 anni di storia in una mostra, anzi in sette. Tante sono le stanze che permettono di entrare nel mondo della Polizia scientifica, scoprendo professionisti, tecniche, ma anche l’umanità che pulsa dentro tute bianche e divise. Il viaggio comincia in via Olona, nel Museo Nazionale Scienza e Tecnologia Leonardo Da Vinci. E non poteva esserci contesto più azzeccato per svelare il metodo scientifico che guida le indagini e “La verità nelle tracce“, titolo della mostra, aperta da oggi al 26 gennaio 2025.
A guidarci nell’esplorazione è Anna Maria Di Giulio, dirigente del Gabinetto Regionale Polizia scientifica per la Lombardia. "La passione per il crime coinvolge tutti, ci sono così tante trasmissioni settimanali, che guardo pure io. Ma mi piaceva l’idea di andare più a fondo - racconta Di Giulio –, facendo capire la realtà delle cose, offrendo a tutti la possibilità di sapere come funziona la Polizia scientifica, con la sua doppia anima e quell’equilibrio tra l’investigatore puro e gli esperti di fisica, chimica, genetica, al lavoro durante i sopralluoghi e nei laboratori".
Sette ambienti, per sette colori, che si possono attraversare con le cuffie alle orecchie, accompagnati da un racconto corale che intreccia le voci di operatori e testimoni a quella del narratore, il giornalista Gianluigi Nuzzi: si ascolta il racconto della strage di via Palestro direttamente dal commissario e sopravvissuto Dario Redaelli (in pensione da poco, che ricorda la preoccupazione per salvare la videocamera durante l’esplosione), si vedono le riprese dei sopralluoghi accuratissimi a San Donato dopo lo schianto dell’aereo nel 2021, mentre si illuminano le impronte digitali lasciate su una lattina e si vede la ricostruzione in 3D dell’incidente ferroviario di Pioltello.
"Offriamo spunti dettagliati, ma che vogliono essere un invito ad approfondire ulteriormente – continua la dirigente –: partiamo dalle origini e dal 1903, con l’istituzione della prima scuola di Polizia scientifica ad opera del medico legale Salvatore Ottolenghi, per arrivare ai giorni d’oggi, con le più evolute tecniche dell’indagine forense che però non dimenticano gli insegnamenti di Ottolenghi".
Nella stanza delle origini si analizza anche il primo caso mediatico, quello dello smemorato di Collegno, risfogliato dal fascicolo originale. La stanza successiva è dedicata all’impronta digitale: si spiega cos’è, la formazione in utero e c’è pure una ricostruzione in 3D. Si prosegue nella stanza verde dedicata a “Le riprese video in ordine pubblico“ per poi entrare nella “scena del crimine“. "La mia stanza del cuore - confessa la curatrice –, perché tutto comincia da qui". Si incrociano tecniche e competenze in campo per raccogliere le tracce e gli elementi che saranno cruciali per le indagini. Tracce sotto la lente nella stanza celeste. "Qui raccontiamo anche il cambiamento della Polizia e delle scienze forensi, con il reclutamento di tecnici altamente specializzati e l’investimento nello sviluppo tecnologico", ricorda Di Giulio.
La tecnologia è al centro anche del sesto ambiente - blu - con “Le altre attività d’indagine“ tra intelligenza artificiale applicata a falsi documentali, analisi fonica e identikit. Si chiude con la ricostruzione in 3D e con schermi che mostrano anche i risultati offerti dalla Polizia scientifica nell’ambito della Commissione parlamentare di inchiesta sul rapimento di Aldo Moro. C’è la storia d’Italia, insomma. Con la banda della Comasina di Renato Vallanzasca, le impronte di Bernardo Provenzano e i “gialli“ ancora da sciogliere. Ma ci sono soprattutto le persone della Scientifica. "Raccontiamo, non solo con un approccio tecnico e scientifico, ma soprattutto umano la passione che muove il nostro lavoro alla ricerca della soluzione", conclude Di Giulio, che ha dedicato alla Polizia scientifica 14 anni di carriera, la sua vita e adesso una mostra per tutti.