di Andrea Gianni
Il Museo del Novecento chiuso, fino alle 13, per "assemblea dei lavoratori". Porte serrate ieri mattina anche al Padiglione d’Arte Contemporanea, stessa musica in altri musei e biblioteche civiche. Effetto della protesta dei circa 200 lavoratori che si occupano dell’accoglienza, al centro di un cambio d’appalto sfociato in un braccio di ferro fra Comune e sindacati. "Palazzo Marino ha firmato con noi un protocollo sugli appalti e più di recente il Patto per il lavoro – spiega Roberta Griffini, segretaria della Filcams-Cgil di Milano – ed è assurdo che sia il primo a non rispettare i diritti. In questo modo gli impegni rischiano di rimanere parole vuote, solo sulla carta. Sala lo scorso primo maggio si è soffermato sul problema del “lavoro povero“ a Milano: ma lo sa che in musei e biblioteche lavorano persone con stipendi di 750 euro per 40 ore settimanali?". I 200 operatori dell’accoglienza assunti da società esterne, in alcuni casi con una laurea nel cassetto, lavorano per poli culturali del Comune di Milano, come il Museo del Novecento, la Gam o le sale espositive del Castello Sforzesco che sono tornati ad accogliere i turisti dopo gli stop provocati dalla pandemia.
Tutti hanno "paghe da fame", e la metà non ha neanche un contratto stabile perché lavora a chiamata. L’appalto in scadenza probabilmente verrà prorogato per altri sei mesi. Gli incontri che si sono tenuti fra Comune e Filcams per ottenere garanzie per loro si sono conclusi, finora, con un nulla di fatto. Per questo i lavoratori, al termine dell’assemblea, hanno dato mandato al sindacato per proclamare una serie di iniziative di protesta. La prima sarà un’assemblea nel pomeriggio del 31 maggio in piazza della Scala, in concomitanza con la seduta del Consiglio comunale. È stato proclamato anche un pacchetto di otto ore di sciopero, con la richiesta di un "incontro alle istituzioni comunali e una audizione alle commissioni consiliari Lavoro e Cultura per esporre le ragioni della protesta" e per chiedere una soluzione concreta.
"Capiamo che il Comune ha problemi di bilancio – sottolinea Griffini – ma non si può risparmiare sulla pelle dei lavoratori. Noi chiediamo garanzie ben precise, in vista del cambio d’appalto: la tutela dei precari e l’applicazione, per tutti, del contratto del settore della cultura". I 200 sono infatti inquadrati con il contratto Servizi fiduciari, quello tipico di portinai e vigilanti privati, con paghe più basse. Colpa di un appalto "al ribasso" che nel 2018 ha portato le società vincitrici a risparmiare sugli stipendi. I dipendenti dovranno essere riassorbiti da chi vincerà il nuovo appalto con condizioni che, secondo la Filcams, devono essere migliori rispetto a quelle attuali. I lavoratori si appellano anche ai protocolli siglati con il Comune di Milano sulla qualità del lavoro nei tanti appalti della pubblica amministrazione. L’intesa, firmata dal sindaco Giuseppe Sala con i segretari generali cittadini di Cgil, Cisl e Uil, prevede tutele in caso di cambi d’appalto e che i lavoratori non siano "vessati da contratti inadeguati, orari capestro e salari non congrui". Buoni propositi che, in questo caso, rischiano di rimanere solo sulla carta.