VALENTINA TARANTINO
Cronaca

Musthad, moda sostenibile: “Così l’IA aiuta i brand a riciclare i capi invenduti”

La piattaforma digitale gestisce gli eccessi di magazzino ed evita sprechi: “Diamo valore a quello che già esiste. Gli scarti possono generare valore”

Musthad, la piattaforma digitale gestisce gli eccessi di magazzino ed evita sprechi

Musthad, la piattaforma digitale gestisce gli eccessi di magazzino ed evita sprechi

Aiutare i grandi marchi della moda a gestire, in maniera sostenibile, gli eccessi di magazzino. È questa la missione, tanto immediata nella formulazione quanto complessa nei fatti, che guida Musthad, startup fondata da Matteo Aghemo ed Eugenio Riganti. Originari di Milano, dopo anni di esperienza all’estero hanno deciso di dar vita a una nuova realtà digitale, una piattaforma software, che favorisce l’economia circolare nell’ambito del tessile.

"Ci occupiamo di un problema che riguarda la quasi totalità delle aziende attive nel settore fashion, ossia l’identificazione delle migliori filiere di circolarità a cui indirizzare gli scarti - chiarisce Aghemo - La difficoltà dipende da due elementi: anzitutto, i dati sui prodotti da eliminare sono spesso mal gestiti o del tutto mancanti. E poi, ciò che non è – o non è più – destinato alla vendita viene ammassato in scatoloni, senza criterio, il che rende difficile un corretto riciclo". Ed è qui che entra in gioco Musthad. Il suo software estrapola dalle piattaforme dei brand – grazie all’AI e tecnologie di transcodifica – tutte le informazioni utili sugli scarti e ne crea una mappatura chiara. A questo punto, attraverso un sistema di matchmaking, ciascuna azienda trova le migliori soluzioni di riciclo in base alle proprie caratteristiche. Ma non solo. "L’ultimo e importante passaggio che curiamo riguarda la generazione di documenti che attestino l’effettivo smaltimento sostenibile dei rifiuti. E siamo in grado di fornirli ai nostri clienti in quanto tracciamo ogni scarto, nel suo ultimo viaggio, grazie all’uso di QR code", continua Aghemo.

Ma come nasce una startup che oggi è attiva in tutta Europa, con una rete di centocinquanta riciclatori partner? "Ho lavorato in Asia per otto anni, nel settore delle grandi manifatture tessili - risponde il fondatore - Poi è arrivato il Covid, tutti i negozi del mondo hanno chiuso e questo ha creato tantissimi scarti, perché i tessuti non potevano più essere usati e i capi già prodotti non potevano essere venduti. La consapevolezza di questa situazione ha fatto sì che tornassi in Italia e fondassi con Eugenio, che lavorava in una società di consulenza in ambito lusso-moda, la nostra startup". In realtà, ai suoi albori, Musthad funzionava come un marketplace che vendeva abbigliamento “upcycled”, ossia prodotti realizzati da artigiani a partire da scarti tessili. "Poi abbiamo notato che erano le aziende stesse a contattarci per trovare soluzioni di riciclo. Questo ci ha fatto capire che la reale richiesta del mercato non stava nel vendere prodotti al consumatore, ma nell’aiutare le aziende a gestire i loro scarti. Così, un anno e mezzo fa, ci siamo convertiti nella piattaforma business to business che siamo oggi".

Il nome, però, è rimasto, proprio come il concetto di fondo che lo motiva. "Musthad nasce dalla variazione di “must-have”, che indica qualcosa che bisogna avere a tutti i costi. Portando al passato il verbo avere, vogliamo porre l’accento sulla centralità di tutto quello che già esiste, che è disponibile in quantità e può generare valore. Come gli scarti", afferma Aghemo. Al momento, la startup dispone di una mappatura particolareggiata dei riciclatori attivi in Europa. "Nella prospettiva di un’espansione a livello globale, il primo passo sarà individuare quelli con base in Asia e Stati Uniti. Questo perché il nostro sistema suggerisce ai brand quelli che possiamo definire “riciclatori di prossimità”. E non potrebbe essere diversamente, dato che puntiamo a fornire soluzioni di smaltimento il più possibile vicine e adatte alle esigenze di ogni azienda", dichiara Aghemo.

Un altro obiettivo a lungo termine riguarda una modifica della piattaforma, di modo che sia aperta in due direzioni: "Anziché limitarci a indirizzare i brand nella ricerca di chi può gestire gli scarti, vorremmo anche aiutare i riciclatori a trovare le manifatture che producono rifiuti – spiega il fondatore. Questo perché il mondo del riciclo si sta evolvendo e comincia a raggiungere dei volumi importanti. Perciò, d’ora in poi, i riciclatori, per soddisfare le necessità di volume, riempire la capacità produttiva e offrire, così, prezzi economicamente competitivi, saranno sempre più interessati a mettersi in contatto con chi può fornire loro materiale".