Milano - La sede legale è al civico 3 di via Caretta, stradina a senso unico che unisce corso Buenos Aires a viale Abruzzi, a due passi da piazzale Loreto. Nel sito web si trova l’elenco degli enti pubblici e privati che hanno beneficiato negli anni dei servizi della cooperativa: dall’azienda trasporti romana Atac alle Poste, da un Comune della Brianza all’Agenzia del Demanio, dall’Università E-Campus alla Giunta regionale della Campania. Insomma, una società di alto livello nel campo della sanificazione di ambienti, in grado di fornire personale qualificato anche per giardinaggio, facchinaggio e gestione di immobili. Peccato che ora un’indagine della Dda di Reggio Calabria, che si è chiusa con 16 arresti (ai domiciliari per corruzione è finito pure il consigliere regionale Nicola Paris), getti un’ombra pesantissima sulla Helios, ritenuta dagli investigatori la capofila del consorzio temporaneo d’imprese che avrebbe gestito per anni il servizio di pulizie dell’Azienda sanitaria provinciale reggina (sciolta per infiltrazioni mafiose nel 2019 e affidata a una commissione straordinaria), assicurandosi appalti e proroghe con le mazzette e rimpinguando le casse delle ’ndrine di riferimento. L’amministratore di fatto era Domenico "Mimmo" Chilà, imprenditore di 57 anni nato a Pavia e residente a Milano, considerato da inquirenti e collaboratori di giustizia "espressione" dei Serraino, famiglia con radicati collegamenti con la Lombardia, e degli alleati Rosmini.
In realtà, Chilà non compariva ufficialmente nel Consiglio d’amministrazione della coop, costituita il 6 giugno 2012, ma figurava soltanto come dipendente; nella stanza dei bottoni ci stavano invece la sorella Domenica, il genero Giovanni Lauro (presidente fino al primo marzo 2020) e la co-fondatrice Fulvia A. Altri “lavoratori” a libro paga della Helios: la moglie di Aurelio Staltari, esponente di spicco della cosca Cataldo, attiva nella Locride; Silvio Floccari, figlio di Alfredo, capo dell’omonimo clan; Angelo Zaccuri (a sua volta ammanettato), storico sodale di Chilà ed ex titolare della ditta "Pulizie Jonica" colpita da interdittiva antimafia nel 2002; la sorella di Antonio Dessì, affiliato alla cosca Cordì di Locri e condannato in Appello a 5 anni e 4 mesi nel processo sull’omicidio del vicepresidente della Regione Francesco Fortugno, avvenuto il 16 ottobre 2005.
Senza dimenticare Antonino D’Andrea, "soggetto dalla significativa caratura criminale, rappresentante all’interno del consorzio della cosca di ’ndrangheta degli Iamonte, alla quale i Chilà si erano rivolti per l’appoggio e l’autorizzazione a gestire l’appalto di pulizie nell’ospedale di Melito Porto Salvo". All’ombra della Madonnina, a San Siro in particolare, ha sede legale anche un’altra delle cinque società che facevano capo alla Helios, specializzata in facility management: la B.S.D. srl di viale Caprilli 25, guidata da Francesco Costantino, che il 29 gennaio 2018 è subentrata alla Icarus Servizi srl (di stanza nello stesso stabile al civico 25/B) amministrata dal padre Antonio, acquistando per 130mila euro (110mila per l’avviamento e 20mila per le attrezzature) il ramo d’azienda. Del raggruppamento di ditte, Chilà e Zaccuri parlavano già nel 2008 con Bruno Martorano, nativo di Vizzolo Predabissi e titolare occulto della Sgs (intestata fittiziamente alla madre incensurata di 74 anni).
I tre concordavano sull’idea di smettere di "fare la guerra tra poveri" e di mettere "un macigno" sulle rivalità tra imprenditori: "Se noi dobbiamo fare questo discorso qua – annuiva Martorano – noi stiamo facendo un discorso che ci stiamo sposando. Cioè sposando vuol dire che...". "Lo puoi dire bene, lo puoi dire forte... tu avrai i miei risultati – aggiungeva Chilà –. So che ti fa piacere come fa piacere a tutti che arriviamo a un accordo totale e via".