
La giovane paziente operata al San Matteo era affetta da colesteatoma congenito
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Milano - "Ha provocato alla paziente, col suo comportamento gravemente colposo, gravissime lesioni personali, ben potendo, in base alle sue approfondite conoscenze chirurgiche, prevedere e prevenire l’evento dannoso". È durissimo il giudizio d’Appello della Corte dei Conti sull’operato di un chirurgo di 65 anni del San Matteo di Pavia, accusato di aver causato la lesione del nervo facciale destro, con conseguente paralisi, a una ventisettenne affetta da colesteatoma congenito, che consiste "in una massa in accrescimento progressivo, localizzata nell’orecchio, da trattare chirurgicamente e da sottoporre a periodici interventi di pulizia del cerume dal condotto uditivo".
Il medico dovrà risarcire 154.169,90 euro alla Fondazione Irccs Policlinico San Matteo, che a sua volta li ha versati alla paziente dopo aver perso la causa civile. La storia clinica di Francesca (nome di fantasia) inizia nel 1997, quando viene sottoposta a un primo intervento di "timpanoplastica chiusa"; seguono altre due operazioni identiche e una quarta di "timpanoplastica aperta" nel 2002. Arriviamo al 16 ottobre 2008, il giorno dell’intervento sotto accusa: durante le manovre di "detersione della cavità da materiale ceruminoso-epidermico, si verifica la comparsa di una paralisi improvvisa del nervo facciale". Francesca fa causa all’ospedale, ottenendo un risarcimento di 154mila euro. In quella sede, i periti del Tribunale appurano che il nervo è stato lesionato con l’uso di "strumenti acuminati ( un uncino otologico, ndr )" e sostengono che l’intervento avrebbe dovuto essere eseguito "con modalità diverse, facendo precedere l’asportazione del cerume e dell’escrescenza della pelle dalla somministrazione di gocce emollienti che ne favorissero il distacco o comunque l’ammorbidimento"; tanto più, aggiungono, "che il quadro clinico della paziente doveva essere ben noto all’equipe che ha eseguito l’intervento, posto che tutti gli altri interventi analoghi erano stati eseguiti presso la medesima struttura".
A quel punto, si muove la Corte dei Conti, che contesta al chirurgo il danno alle casse del San Matteo. In primo grado, il sessantacinquenne viene assolto: la consulenza tecnica del Ministero della Salute conclude che non c’erano alternative "di pari efficacia" a quel tipo di cura e che la conseguenza era "inaspettata e imprevedibile". Una tesi sostenuta pure dalla difesa dell’imputato, che insiste "sulle peculiarità anatomiche e morfologiche-locali di cui la paziente era portatrice per collocare l’evento nell’ambito di una complicanza imprevedibile e imprevenibile". Tutto finito? No, perché in Appello è arrivato il ribaltone: i giudici hanno attribuito al chirurgo la colpa grave di aver causato a Francesca "la paralisi completa del VII nervo cranico di destra ( il nervo facciale, ndr ) con importanti ripercussioni non solo sulla salute", ma anche sulla sua vita sociale, "irrimediabilmente pregiudicata".