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Le offese di Nina Moric, il giudice: "Non è satira dire 'viado' a Belen"

Ecco le motivazioni del verdetto dello scorso settembre

Nina Moric e Belen Rodriguez

Milano, 19 dicembre 2018 - No, «Viado» non si può. È «indiscutibile» la portata offensiva delle dichiarazioni della modella croata Nina Moric, condannata a 2.000 euro di multa per avere definito «viado», oltre che per altre affermazioni, la showgirl argentina Belen Rodriguez, durante un’intervista alla trasmissione radiofonica “La Zanzara” del settembre 2015. Lo scrive il giudice Angela Laura Minerva della decima sezione penale del tribunale nelle motivazioni del verdetto dello scorso settembre. Rispondendo alle domande del conduttore Giuseppe Cruciani, Moric aveva anche accusato Belen, anche lei ex compagna di Fabrizio Corona, di avere «girato nuda» davanti al figlio avuto dalla modella ai tempi della sua relazione con l’ex re dei paparazzi. Da lì la denuncia per diffamazione aggravata «da fatto determinato».

Secondo il giudice, la «offensività» di tali dichiarazioni non può essere esclusa dalla «natura della trasmissione in cui sono state rese, che la difesa definisce scandalistica». Come si legge nelle motivazioni, per il tribunale è offensivo l’uso dell’appellativo “viado” che fa riferimento alle «caratteristiche somatiche di Belen Rodriguez che dimostrerebbero un massiccio ricorso alla chirurgia estetica», anche se non sembrano esserci riferimenti al «mondo della prostituzione in ambiente transessuale». Ancora «più gravi», per il tribunale, sono però le accuse successive, ovvero l’avere sostenuto che Belen aveva «l’abitudine di girare nuda per casa alla presenza del figlio» di Corona e Moric.

Nelle motivazioni si legge che in tali affermazioni «mancano tutti gli elementi della satira» e non sono espressione del diritto di cronaca che prevede i requisiti dell’interesse pubblico della notizia, della verità stessa e della continenza. Rodriguez aveva però chiesto un risarcimento di 20mila euro che voleva «devolvere in beneficenza». Ne ha ottenuti solo 2 mila. Per lei – spiegò il suo difensore dopo la sentenza – «era molto più importante ristabilire la sua dignità come madre e come donna». «Nina Moric è stata condannata ma al minimo sindacale», si consolò il suo legale commentando il verdetto.