
Da sinistra Nardocci, Sabrina Pagliei di Immedica Pharma e Pession
Il nome è quasi impronunciabile: "pegzilarginasi". Il potenziale, rivoluzionario: si tratta di una terapia innovativa per una malattia genetica ereditaria rara, il “deficit di Arginasi 1“, con prevalenza di circa un caso ogni 760mila nuovi nati.
La nuova cura, registrata e disponibile anche in Italia, si è dimostrata efficace e sicura in uno studio multicentrico internazionale ("Peace") di Immedica Pharma, partito nel 2017 su pazienti con età superiore ai due anni, e che in fase 3 ha coinvolto anche l’Irccs San Gerardo di Monza. I risultati scientifici saranno presentati il 20 marzo a un congresso a Palazzo Caracciolo, a Napoli.
I bambini che nascono con questa malattia presentano un malfunzionamento dell’enzima Arginasi 1; questo determina problemi nel ciclo dell’urea, cioè nel processo di eliminazione dell’ammoniaca prodotta dal metabolismo delle proteine. La malattia è debilitante e progressiva, e porta nel tempo a gravi limitazioni motorie, ritardi intellettivi e spasticità agli arti inferiori.
"Siamo estremamente soddisfatti della registrazione di un farmaco che segna una svolta nel trattamento dell’argininemia di tipo 1 - afferma Serena Gasperini, responsabile Centro Fondazione Mariani per le Malattie Metaboliche, Fondazione IRCCS San Gerardo dei Tintori -. Fino a oggi, avevamo poche armi per affrontare la malattia in maniera efficace: le opzioni terapeutiche si limitavano a una dieta ipoproteica e all’uso di farmaci scavenger, che pur controllando la produzione anomala di ammoniaca non erano in grado di agire sulla storia naturale della malattia. Infatti, nonostante la dieta e quei farmaci i bambini andavano ugualmente incontro alla sua progressione. Grazie allo studio clinico Peace che ha portato alla registrazione del nuovo farmaco anche in Italia è stata dimostrata l’efficacia e la sicurezza della pegzilarginasi, una terapia enzimatica iniettiva capace di ridurre i livelli di arginina e dei composti guanidinici, principali responsabili del danno neurologico. Il nostro centro nel 2020 è stato l’unico italiano che ha preso parte allo studio clinico registrativo di fase 3, arruolando tre pazienti in età adolescenziale. I risultati ottenuti sono tangibili, i ragazzi hanno visto migliorare le loro capacità motorie e il benessere nelle attività quotidiane".
"La possibilità della nuova terapia di intervenire sui meccanismi alla base della patologia è una conquista molto significativa", rimarca il professor Nardo Nardocci della Società italiana di Neuropsichiatria dell’infanzia e adolescenza. "Si sono aperti nuovi orizzonti - conferma Andrea Pession, presidente della Società italiana Studio malattie metaboliche ereditarie e screening neonatale -. Ma sarà fondamentale la collaborazione tra pediatri e specialisti per garantire che la terapia sia somministrata tempestivamente, massimizzandone l’efficacia".