Arnaldo Liguori e Davide Falco
Cronaca

Il verbale sulla morte di Omar Bassi: “Dopo il pestaggio dei buttafuori in discoteca aveva mal di testa, nausea e vertigini”

La denuncia presentata alla polizia di Reggio Calabria e il racconto della madre: “Mio figlio morto per un’emorragia cerebrale”. Due settimane prima la rissa alla Dolce Beach di Origgio: “Mentre i vigilantes lo picchiavano, i colleghi facevano cordone”

Omar Bassi e una serata alla discoteca Dolce Beach di Oggiono

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Quello che emerge dal verbale di denuncia presentato dalla madre di Omar Bassi è il racconto di violenze indiscriminate e di sintomi sottovalutati. Il ragazzo di 23 anni è morto il 5 agosto per un improvvisa “emorragia cerebrale” mentre era in vacanza con la famiglia a Reggio Calabria. Due settimane prima, il 20 luglio, mentre era alla discoteca Dolce Beach di Origgio, nel nel Varesotto, sarebbe stato picchiato al volto e alla testa da cinque buttafuori del locale (che nel frattempo ha chiuso i battenti “fino a prossima comunicazione”).

E sono proprio i vigilantes della discoteca l’oggetto della denuncia che la madre di Omar ha presentato alla polizia calabrese il 5 agosto, nelle stesse ore in cui il figlio era ricoverato nel reparto di Terapia intensiva. Sarebbe deceduto poco dopo. Secondo Alfredo Berardelli, professore emerito di neurologia presso la Sapienza Università di Roma, non si può escludere un nesso causale tra la morte del ragazzo e il pestaggio avvenuto quella notte in discoteca.

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La violenza in discoteca

Omar Bassi era andato alla discoteca Dolce Beach insieme al fratello Thomas, di 19 anni, alla fidanzata, alla sorella e ad altri quattro cugini. Il racconto che la madre ha fornito agli agenti di Reggio Calabria è ricco di dettagli (tutto il seguente virgolettato fa parte del verbale della denuncia). “Intorno alle tre di notte – spiega la donna – dei giovani seduti in un tavolo accanto” hanno “iniziato a picchiarsi”. “Uno dei giovani del tavolo si è rivolto a mio figlio Thomas e gli ha chiesto in malo modo cosa guardava, dandogli contemporaneamente uno schiaffo”. Il giovane ha reagito colpendolo e allontanandosi poi dalla rissa. 

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È stato in quel momento che gli uomini della sicurezza del locale sono intervenuti e, racconta la madre, “hanno sedato in modo violento la rissa al tavolo. I buttafuori, pensando che anche Thomas fosse coinvolto nella rissa precedente, gli hanno tirato un pugno in fronte causandogli una lacerazione”. A quel punto, Thomas chiede aiuto alla sorella, ma è Omar a intervenire insieme a uno dei cugini: mentre quest’ultimo allontana il diciannovenne dalla colluttazione, i buttafuori rivolgono le loro attenzioni verso Omar.

“Lo colpiscono ripetutamente al volto e alla testa e precisamente 5 di loro hanno fatto una barriera mentre gli altri picchiavano mio figlio”, dice la madre. Thomas, preoccupato per il fratello maggiore, si avvicina ma viene “aggredito con un calcio al volto” dai buttafuori, che lo avrebbero poi “preso per il collo spingendolo in terra, mentre gli altri continuavano a fare barriera” affinché nessuno si avvicinasse a quelli che “stavano picchiando Omar”. Alla fine, conclude la madre, dopo averlo “picchiato ancora un po’, lo buttano fuori dal locale”.

La prima visita in ospedale

Il primo ad arrivare alla discoteca è stato il padre di Omar, che lo ha portato immediatamente al pronto soccorso dell’ospedale Sacco di Milano. Ma dopo un’attesa di qualche ora, spiega la madre, “hanno deciso di far ritorno a casa perché non ce la facevano a restare in quel luogo”. Il marito, su suggerimento dei figli, non ha raccontato nulla alla moglie. 

Il giorno dopo lei lo ha scoperto e, tornata immediatamente a casa, ha visto “i loro volti tumefatti”. Ha insistito per portarli in ospedale e presentare denuncia, ma i figli “non hanno voluto sentire ragioni”. 

Due giorni dopo, racconta la madre, Omar “continuava a manifestare nausea, mal di testa e vertigini”. Lei lo ha convinto ad andare in ospedale di Garbagnate, vicino a casa. Lì, riferisce la donna, dopo una breve visita, i medici fanno al ragazzo una Tac al cranio, da cui non emerge nulla di particolare. Lo rimandano quindi a casa prescrivendo di tornare nel caso in cui il mal di testa si dovesse ripresentare. 

E il mal di testa, infatti, si ripresenta. Ma Omar lo nasconde alla madre e si limita a prendere un antidolorifico (Oki). “Durante i giorni successivi”, si legge nella denuncia della donna, “notavo che ogni tanto sembrava perso nel vuoto, assente, ma cercavo di stare serena”. 

Il viaggio e il decesso

La famiglia decide poi di andare in vacanza presso una casa in affitto a Bianco, una località vicina a Reggio Calabria, per tutto agosto. Il giorno dopo l’arrivo, il 4 agosto – racconta sempre la madre alla polizia – “dopo essersi fatto la doccia Omar ha iniziato a lamentare un forte dolore al braccio e ha iniziato a svenire”. “Ho visto mio figlio che si prendeva a schiaffi e si pizzicava il corpo perché stava perdendo completamente la sensibilità. Ha iniziato a sudare copiosamente e poi è entrato in coma”.

Il ragazzo viene trasportato d’urgenza al pronto soccorso di Locri, da dove poi viene trasferito in eliambulanza all’ospedale di Reggio Calabria. Lì viene rilevata un’emorragia cerebrale inoperabile in quando posizionata all’interno del cervello. Il giorno dopo il ricovero la madre riceve una telefonata che la informa che il figlio “cerebralmente morto”.

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Il legame tra il pestaggio e la morte

Il professore di neurologia Berardelli non ha escluso un legame tra il pestaggio e il decesso. “Un trauma cranico può dare delle sofferenze cerebrali che possono essere acute, cioè immediate, come quello che ha avuto questo ragazzo, ma anche tardive, ritardate di due o tre settimane”, spiega lo specialista.

“Senza avere le carte e tutta la documentazione medica – aggiunge – non si possono esprimere giudizi precisi; i nessi causa effetto sono sempre difficili perché si rischia di dare adito ad interpretazioni che poi possono essere male interpretate”, tuttavia “in linea di massima è noto è che dopo un trauma cranico è possibile che si sviluppi a distanza di tempo una raccolta di sangue, che si chiama ematoma, che può spiegare l’eventuale nesso con l’evento”.

In ogni caso, ribadisce Berardelli, “l’unico dato che al momento si può commentare con certezza è che a distanza di un trauma cranico si possono instaurare degli eventi tardivi a livello cerebrale di liquidi o di sangue, cioè gli ematomi”. Di conseguenza, conclude il medico, “occorre accertare se ci fosse un ematoma perché in caso contrario non si pone neanche più l'ipotesi”. Quindi “è necessario esaminare la risonanza o la tac, che sicuramente gli saranno state fatte quando è stato visitato”.