
L’ex calciatore Andrea La Rosa
Milano, 5 ottobre 2020 - «Sono colpevole al cento per cento, ho ucciso La Rosa, mio figlio non c’entra niente, non era con me quella sera". Così disse e ripeté davanti ai giudici di primo grado Antonietta Biancaniello, 61 anni, alla fine condannata all’ergastolo ma proprio insieme al figlio Raffaele Rullo, 38 anni. Ritenuti colpevoli entrambi, dalla Corte d’assise di Milano, dell’omicidio di Andrea La Rosa, 35enne ex calciatore amico di Raffaele, stordito col sonnifero, caricato in macchina infilato con acido addosso dentro un bidone chiuso e infine accoltellato. La sera del delitto, La Rosa aveva con sé qualche migliaia di euro che avrebbe consegnato all’amico in vista di un possibile affare. Per i giudici Rullo preferì far cassa in quel modo, aiutato dalla mamma.
Dopo un anno e mezzo dal primo verdetto, a metà del mese prossimo la vicenda arriva in appello. Ma stavolta davanti alla Corte la presunta “coppia diabolica“ è destinata a dividersi. Nei motivi del ricorso, il nuovo legale di Antonietta sostiene infatti che "non vi sia il minimo apporto causale da parte della donna nell’ideazione e nella programmazione del delitto". Che la madre "sia rimasta all’oscuro fino all’ultimo del piano criminoso perpetrato ai danni di Andrea La Rosa e programmato nei minimi dettagli dall’autore materiale del reato, ovvero dal Rullo"
.In questa nuova versione, insomma, Biancaniello si sarebbe limitata ad intervenire solo a cose fatte, per aiutare il figlio a sbarazzarsi del cadavere. La prima sentenza è stata impugnata anche dalla Procura: ergastolo a parte, "troppo pochi quattro anni di pena per il tentato omicidio della moglie" sostiene la pubblica accusa. Perché Rullo e mamma sono stati condannati dai primi giudici anche per un “delitto gemello“ mancato di poco: il tentato omicidio della moglie di Rullo e nuora di Biancaniello, Valentina Angotti, che sopravvisse perché imbottita di farmaci che rallentarono la fuoruscita di sangue dopo che il marito, simulando un suicidio, le tagliò le vene dei polsi.
In sentenza , al momento di quantificare la pena (in continuazione con l’ergastolo) i giudici si fermarono a 4 anni. La Procura chiede di inasprire quella sanzione. "La pena da comminarsi in concreto – scrivono i pm nel ricorso – supera ampiamente la soglia dei 5 anni" perché, per legge, se il delitto compiuto è punito con l’ergastolo, allora l’autore della tentata seconda uccisione "è punito con la reclusione non inferiore a 12 anni".La stessa Corte d’assise, del resto, trovò "evidenti analogie tra i due delitti di omicidio e tentato omicidio" commessi dal duo madre-figlio. "Per entrambi il movente è stato anche di tipo economico – scrissero i giudici – entrambi sono stati preceduti da ricerche in internet riguardanti vari aspetti dell’azione, entrambi hanno implicato l’uso di sedativi, ferite con strumenti da taglio, l’aggiunta di altri mezzi lesivi". Una condotta "estremamente crudele".