ANDREA GIANNI
Cronaca

“Impagnatiello con tratti narcisistici e psicopatici, ma capace di intendere e di volere”. La perizia psichiatrica dell’assassino di Giulia Tramontano

Stando ai periti l'imputato era nel pieno delle sue facoltà mentre affondava il coltello sulla compagna. "Tentai di cancellare tutto, come se far sparire una persona fosse come buttare una caramella”, aveva detto l’ex barman. La relazione sarà discussa in aula il prossimo 21 ottobre

Milano, 16 ottobre 2024 –  Alessandro Impagnatiello, accusato dell'omicidio della compagna Giulia Tramontano incinta al settimo mese del piccolo Thiago, è stato ritenuto “capace di intendere e di volere”. È quanto hanno stabilito i periti della corte d'Assise di Milano che aveva ordinato la perizia psichiatrica. 

Alessandro Impagnatiello in carcere per l'omicidio della compagna, giulia Tramontano al settimo mese di gravidanza
Alessandro Impagnatiello in carcere per l'omicidio della compagna, Giulia Tramontano al settimo mese di gravidanza

L’incarico

Lo scorso 10 giugno, a sorpresa, la corte d'Assise di Milano presieduta dalla giudice Antonella Bertoja aveva disposto la perizia per l'ex barman accusato dell'omicidio aggravato avvenuto il 27 maggio del 2023 a Senago, comune alle porte del capoluogo lombardo.

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L'incarico era stato affidato agli psichiatri Pietro Ciliberti e Gabriele Rocca, che avevano chiesto 90 giorni di tempo per capire, anche attraverso il diario clinico e ulteriori indagini, “se Alessandro Impagnatiello all'epoca dei fatti fosse capace di intendere e volere” o “se la sua capacità fosse scemata”. 

La perizia psichiatrica

Oggi il responso: l'imputato era nel pieno delle sue facoltà mentre affondava ( per 37 volte, ndr) il coltello su Giulia Tramontano. Nella personalità di Alessandro Impagnatiello sono risultati “tratti narcisistici e psicopatici” emersi anche dal comportamento successivo al delitto, durante le udienze del processo e dai colloqui con i periti. Nonostante questo, però, è esclusa la “presenza di disturbi di natura psicopatologica” e l'uomo, quando ha ucciso Giulia Tramontano a Senago, non presentava “infermità rilevanti”. L’ex barman ha ricostruito la dinamica dell'omicidio della fidanzata  con “piena lucidità, senza confusione” e, secondo la sua logica, non poteva “accettare lo 'smascheramento’” della sua doppia vita e ha manifestato “una dimensione 'rabbiosa’”. Ed è escluso, quindi, un “vizio di mente parziale o totale”.

"Tratti narcisistici e psicopatici”

Impagnatiello è stato anche “capace” di adattarsi alla vita in carcere, salvo uno “screzio ansioso-depressivo”. Quei tratti narcisistici e psicopatici, hanno scritto i periti, configurano il suo “modo di essere nel mondo”, dove ha avuto “storie sentimentali stabili, adattamento lavorativo e capacità di inserirsi” pure nel “contesto detentivo”. Nemmeno in relazione all'omicidio e a quel periodo ha mostrato “angoscia persecutoria” e “convinzioni deliranti”. 

Per gli esperti, il 31enne ha dimostrato una “intolleranza alla perdita affettiva, intesa come ferita narcisistica per l'abbandono vissuto come un'offesa ed al contempo come una umiliazione”. E allo stesso tempo “piena consapevolezza” di ciò che ha fatto e ha giustificato le sue azioni come “sfuggite al controllo” nella relazione con Giulia, per lui “foriera di stress”. L'omicidio per lui è stato, dunque, la “rappresentazione finale di un'emotività distruttiva che ha anche 'guidato’ le precedenti condotte delittuose”, ossia la somministrazione alla 29enne nei mesi precedenti di un topicida e “l'occultamento” del corpo.

"Intolleranza alla perdita affettiva, un’umiliazione”

I tratti psicopatici si manifestano, si legge ancora, nel “prevaricare l'altro” e nel “manipolare gli eventi”. Non riusciva, stando alla sua logica, ad “andare avanti in modo diverso” rispetto alle “proprie attese”. I suoi aspetti di personalità, hanno concluso i periti, “non sono stati indifferenti alla genesi e alla dinamica” del delitto, ne sono stati la “premessa”, ma non ci sono state “alterazioni psicopatologiche”.

Ho visto tutto finito, tutto perso: non c'è una motivazione, non ci sarà mai una motivazione”, aveva infatti detto Impagnatiello agli psichiatri sul perché avesse ucciso Giulia Tramontano. Ha spiegato di aver afferrato il coltello con cui Giulia stava tagliando la verdura: “Lo impugnai e la colpii, poi non so altro”. “Ho visto il mio lavoro, la mia famiglia, la relazione con lei, tutto svanito - aveva proseguito - Ho visto la mia sconfitta, detto in maniera squallida, agli occhi di tante persone. Poteva essere la famiglia, poteva essere lei, poteva essere chiunque intorno a me”.

"Eliminare Giulia come se fosse una caramella”

Poi si è soffermato sulle fasi successive al femminicidio. “Tentai di cancellare tutto - aveva raccontato - come se far sparire una persona fosse come buttare una caramella. Cercai di eliminare Giulia dando fuoco. Una parte di me era come se volesse che qualcuno mi vedesse, per fermare tutto. Ora è tutto chiaro, tutto insensato quello che avevo intenzione di fare. Non era come buttare una caramella, non si può polverizzare un corpo”. Poi la confessione, resa ai carabinieri: “Non potevo andare avanti così, vedevo il dolore e la disperazione della mia famiglia. Era il momento di fermarsi”. Ma aveva ammesso di aver raccontato, inizialmente, solo una “parziale verità”.

La perizia, a cui hanno partecipato anche i consulenti delle parti, verrà discussa in aula il prossimo 21 ottobre. 

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I difensori

I difensori Giulia Geradini e Samanta Barbaglia avevano invece depositato una consulenza secondo la quale Impagnatiello soffrirebbe di un “disturbo della personalità di tipo paranoide” con “tratti narcisistici”.

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Il rischio ergastolo

Impagnatiello, accusato di omicidio volontario aggravato dalla premeditazione, dalla crudeltà, dai futili motivi e dall'aver ucciso la convivente, di interruzione di gravidanza non consensuale e di occultamento di cadavere, rischia la condanna all'ergastolo, dopo che ora è stato anche accertato che non ha vizi di mente.

La pm e la famiglia di Giulia

“Ho voluto credere di essere pazzo, ma non penso di esserlo”, aveva detto nell'interrogatorio in aula il 31enne davanti ai giudici della Corte d'Assise di Milano (togati Bertoja-Fioretta). “Ero un vaso completamente saturo di bugie e di menzogne”, aveva aggiunto l'ex barman di un hotel di lusso a Milano, che conduceva una vita parallela, portando avanti una relazione anche con un'altra giovane, una collega, la quale il giorno in cui Giulia fu uccisa si era incontrata, qualche ora prima, con la 29enne, come emerso dall'inchiesta dell'aggiunta Letizia Mannella e della pm Alessia Menegazzo, condotta dai carabinieri del Nucleo investigativo di Milano.

Pm che, con la consulente psichiatra forense Ilaria Rossetti, hanno sempre sostenuto la piena capacità di intendere e volere dell'imputato, così come i familiari di Giulia, con l'avvocato Giovanni Cacciapuoti, che ha nominato gli psichiatri Salvatore De Feo e Diana Galletta. Lo psichiatra Raniero Rossetti, invece, che aveva firmato la consulenza difensiva, aveva sottolineato come l'ex barman si sentisse come uno “scacchista che doveva tenere sotto controllo tutti i movimenti della scacchiera”, attraverso le bugie e gli inganni alle due donne. “Lui mirava a sopprimere il feto, che rappresentava una variabile nella sua scacchiera. Ciò che non riusciva a controllare era proprio il nascituro”, aveva scritto il consulente dei difensori.