GABRIELE MORONI
Cronaca

Gucci crivellato di proiettili, colpito alle spalle: il delitto 30 anni fa. “Patrizia Reggiani era fiera, né scossa né impaurita: non tradiva emozioni”

Milano, l’omicidio di Maurizio Gucci in via Palestro il 27 marzo 1995. L’indagine nel ricordo del pm Nocerino: “Partimmo dalla finanza internazionale, arrivammo subito a lei. Il movente? Il denaro, ma anche l’orgoglio”

Patrizia Reggiani, ex moglie di Maurizio Gucci, condannata come mandante del delitto

Patrizia Reggiani, ex moglie di Maurizio Gucci, condannata come mandante del delitto

Milano – Nel 1995 è alla Procura di Milano da due anni. Carlo Nocerino, oggi procuratore di Busto Arsizio, la mattina del 27 marzo 1995 è il sostituto di turno quando piomba la notizia dell’uccisione di Maurizio Gucci.

NOCERINO
Carlo Nocerinoè oggiprocuratorea Busto ArsizioTrent’anni faera pm di turnoa Milano

Procuratore Nocerino, il primo ricordo a distanza di trent’anni?

“Il corpo a terra, bocconi, crivellato di proiettili. Aveva iniziato a salire i gradini dello stabile di via Palestro. Lo avevano colpito alle spalle”.

Iniziarono le indagini e in un primo tempo si pensò a scenari internazionali, a un delitto nel mondo dell’alta finanza.

“La prima cosa che facemmo fu perquisire lo studio della vittima, in via Palestro. Esaminammo tutti i dossier. Non da molto Gucci aveva venduto a Invest-Corp, ufficialmente un gruppo americano, di fatto proprietà di autentici sceicchi. Quindi poteva disporre di un certo tesoretto. Aveva cercato di acquistare in Svizzera una sala da gioco. Andai in Svizzera. La trattativa era ancora in corso, non erano girati soldi. Aveva ricevuto e restituito un prestito da un cittadino italiano naturalizzato giapponese come Hagen Roi: Delfo Zorzi (ex esponente di Ordine Nuovo, accusato da tre collaboratori di giustizia per le stragi di piazza Fontana, a Milano, e di piazza della Loggia, a Brescia, alla fine venne definitivamente assolto per entrambe - ndr). Lo ascoltai: il denaro gli era stato restituito. Andammo avanti così, per esclusione”.

Poi accadde qualcosa che impresse la svolta decisiva.

“Intercettammo da subito Patrizia Reggiani così come altri. Eravamo sulla buona strada ancora prima che dalla pensione di via Lulli uscisse il testimone Gabriele, che un po’ aveva capito da solo e un po’ aveva parlato con Ivano Savioni. Avevamo ascoltato delle telefonate significative fra la Reggiani e Pina Auriemma. C’era qualcosa di più del rapporto fra una signora e quella che era, per così dire, la sua dama di compagnia. Questione di tempo. Una volta stretto il cerchio attorno alla Auriemma, ci saremmo arrivati. Alle fine venne fuori tutto”.

Come ricorda Patrizia Reggiani quando la interrogò subito dopo l’arresto?

“Aveva un atteggiamento controllato, quasi fiero. Non tradiva particolari emozioni. Non appariva né particolarmente scossa né impaurita. Sostenne che l’omicidio era stato organizzato autonomamente e interamente dall’Auriemma, al corrente che lei desiderava la morte dell’ex marito. Non aveva dato a nessuno il mandato dell’omicidio. L’Auriemma le rimandò le accuse. Gli altri, prima di passare all’azione, avevano cercato di lucrare il più possibile perché pensavano di non avere ancora guadagnato abbastanza”.

Che atteggiamento tenne la Reggiani durante il processo?

“Aveva un cipiglio molto fiero, altero, senza mai un cedimento al pianto, alla disperazione. Con me, pubblico ministero, mantenne un atteggiamento di distacco. Mi colpì che alcuni giornalisti fossero innocentisti e sollevassero a più riprese delle perplessità. Il clima alle udienze era teso. Gli avvocati difensori erano agguerriti”.

Movente dell’omicidio Gucci?

“Non solo il denaro. La Reggiani era stata lasciata per una donna più giovane, più bella, Gucci viveva con lei. Se avessero avuto un figlio, sarebbe diminuita la parte di eredità delle figlie avute con Maurizio. Un movente corroborò l’altro”.