
Lidia Macchi, 21anni quando morì
Varese, 20 aprile 2016 - Un genetista forense presto potrebbe entrare nel pool di esperti che si stanno occupando delle analisi sul cadavere di Lidia Macchi, la studentessa di Varese massacrata nel gennaio 1987 con 29 coltellate, riesumato nei giorni scorsi. Il suo compito sarà quello di accertare l’eventuale presenza di tracce del dna di Stefano Binda, l’ex compagno di liceo arrestato lo scorso 15 gennaio con l’accusa di aver violentato e ucciso la ragazza, o di altre persone, sui reperti che hanno resistito allo scorrere del tempo: i capelli, i denti e le unghie della vittima. Per fare un punto sulle analisi in corso il gip di Varese Anna Giorgetti ha fissato un’udienza, che si terrà il 2 maggio, durante la quale potrebbe affidare l’incarico al genetista. L’esperto affiancherà per le analisi sulle tracce biologiche il perito già nominato dal gip, l’anatomopatologa Cristina Cattaneo, uno dei massimi esperti negli accertamenti su morti violente. Ancora in corso le analisi (potrebbe esserci proroga) sui coltelli trovati nel parco di Varese dove, secondo gli investigatori, Binda potrebbe aver nascosto l’arma del delitto. L’uomo si proclama innocente, ribadisce il suo alibi - la vacanza a Pragelato - e attende l’udienza del 29 aprile, quando la Cassazione dovrà decidere se accogliere il ricorso dei suoi difensori e scarcerarlo.