REDAZIONE MILANO

Omicidio della valigia. Continuano i silenzi dei killer del professor Manesco

Paolo Grassi e Gian Luca Civardi si sono sempre dichiarati innocenti: hanno sostenuto di non aver ucciso Manesco e di essere stati indotti a compiere quel terribile sezionamento da un misterioso terzo uomo

Gianluca Civardi (sopra) e Paolo Grassi (sotto)

Milano, 11 settembre 2014 - Sono stati interrogati ieri pomeriggio dal pubblico ministero del tribunale di Milano i due 30enni piacentini Paolo Grassi e Gian Luca Civardi, accusati di aver ucciso il 7 agosto il professor Adriano Manesco, nella sua abitazione milanese di via Settembrini. Grassi, assistito dall’avvocato Alessandro Stampais, è stato interrogato dal pm titolare dell’inchiesta, Maria Teresa Latella, mentre Civardi, assistito dai legali Andrea Bazzani e Francesca Cotani, è stato interrogato dal pm aggiunto Alberto Nobili. L’avvocato Stampais ha fatto sapere che il suo cliente si è avvalso della facoltà di non rispondere. «Ma decideremo — ha aggiunto il legale a Piacenzasera.it — a breve di rompere il silenzio. Al momento è ancora prematuro, c’è un aspetto di carattere umano tra questi due ragazzi che deve essere risolto». Anche Gian Luca Civardi si è avvalso della facoltà di non rispondere, conferma l’avvocato Bazzani. E anche in questo caso, il silenzio potrebbe essere rotto a breve. «Stiamo cercando di raccogliere tutti gli elementi — dice Bazzani, che assiste Civardi insieme alla collega Francesca Cotani — e stiamo soprattutto cercando di capire quale materiale probatorio abbia in mano la Procura». A richiesta precista del magistrato, gli avvocati di Civardi non hanno escluso che presto il loro assistito potrebbe parlare con i magistrati. Civardi resterà in carcere in isolamento, non avendo chiesto che questa disposizione venisse revocata, ed è invece in attesa di sapere se sarà accolta l’istanza di poter incontrare i familiari. La pm Latella dovrebbe esaminarla in questi giorni. Richiesta analoga presentata da Grassi e, a quanto pare, già accolta.

Le indagini sul delitto Manesco sono state affidate alla Procura milanese per competenze territoriali, dopo che i due giovani erano stati fermati per puro caso a Milano, in via Nasalli Rocca, nella notte da il 7 e l’8 agosto. Gli abiti insanguinati e alcuni oggetti trovati in loro possesso avevano poi insospettito i poliziotti, fino ad arrivare al ritrovamento del corpo del professore - fatto a pezzi - in un cassonetto a Lodi, in via Gandini. Nei giorni scorsi era stata ascoltata la tassista che li aveva accompagnati da Milano a Lodi con “il trolley della morte”: la donna aveva escluso la presenza di una terza persona a piedi o in auto. L’accusa contesterebbe a Civardi contenuti di cui sarebbe stata trovata traccia nella memoria del suo computer: “trekking cookie” (codici che tracciano la navigazione web) di visite a siti “particolari” che dimostrerebbero la premeditazione del gesto. Entrambi i piacentini si sono sempre dichiarati innocenti: hanno sostenuto di non aver ucciso Manesco e di essere stati indotti a compiere quel terribile sezionamento da un terzo uomo, di cui al momento non c’è però traccia investigativa.