NICOLA PALMA
Cronaca

Via Macchi, rapinatori killer in azione: uomo sgozzato in strada

Il medico Stefano Ansaldi ucciso da due nordafricani per rubargli l’orologio. Il secondo raid in via Boscovich e la fuga in metrò

Il luogo dell'omicidio in via Macchi

Milano, 20 dicembre 2020 -  La Centrale ripiomba nell’incubo. A distanza di due anni e mezzo dall’omicidio del giovane bengalese Samsul Haque, si è ripetuto lo stesso tragico copione. Stessa dinamica da predatori senza pietà. Stessi indirizzi già tristemente noti per la notte di sangue dell’aprile del 2018. Stavolta la vittima è il sessantacinquenne Stefano Ansaldi, ginecologo originario di Benevento ma residente a Napoli, aggredito alle spalle da due uomini, descritti come verosimilmente di origine nordafricana sui 30-35 anni, e ucciso con una coltellata alla gola nel tentativo di rubargli l’orologio. L’omicidio è avvenuto all’incrocio tra via Macchi e via Scarlatti, all’interno del passaggio pedonale realizzato da una ditta edile che sta ristrutturando il palazzo d’angolo.

Secondo una dinamica ancora da confermare, i due avrebbero preso alle spalle la vittima e l’avrebbero colpita al collo, per poi cercare di strappargli il cronografo dal polso. Sono le 18, siamo a due passi dalla stazione. I primi a dare l’allarme sono due ragazzi: "Non ho visto chi l’ha colpito – racconta al Giorno uno di loro –. Lui si è accasciato all’improvviso in un lago di sangue". Arrivano in pochi minuti i sanitari del 118, ma per il sessantacinquenne non c’è nulla da fare: è morto. L’area viene recintata dai carabinieri del Radiomobile, guidati sul posto dal maggiore Carmine Elefante, che poi vengono raggiunti dai colleghi della Compagnia Duomo, del Reparto investigazioni scientifiche e della Omicidi del Nucleo investigativo, coordinati dai tenenti colonnelli Antonio Coppola e Cataldo Pantaleo. Passa qualche minuto, e arriva una seconda chiamata da via Settembrini angolo via Boscovich, a qualche centinaio di metri di distanza: l’aggredito è il settantaduenne Anacleto Giriolo, abbrancato alle spalle, buttato a terra e derubato di orologio e cellulare.

Sono gli stessi di via Macchi? Probabilmente sì. La caccia scatta subito, anche perché pare che i due non abbiano spento lo smartphone che avevano appena rubato. I movimenti vengono monitorati attraverso il segnale del telefono: i due raggiungono a piedi corso Buenos Aires, scendono in metrò alla fermata Lima, salgono sul treno e ci restano fino al capolinea di Sesto San Giovanni. Poi, sempre stando a quanto monitorato via cellulare, risalgono su un convoglio che sta partendo nella direzione opposta, convinti verosimilmente che quella mossa depisterà gli investigatori. Le comunicazioni con la centrale operativa di Atm sono vorticose: a Bisceglie, i carabinieri fanno scendere donne e bambini e passano al setaccio i documenti di tutti gli uomini presenti in quel momento nei vagoni. Dei due rapinatori non c’è traccia: evidentemente sono scesi prima e si sono disfatti del cellulare perché hanno capito che avrebbe potuto mettere i militari sulle loro tracce. Sin da subito scatta l’analisi delle immagini registrate dalle telecamere installate in metropolitana, per individuare il punto in cui si sono spariti nel nulla gli assassini.

Al vaglio pure i filmati degli occhi elettronici che si trovano nell’ipotetico tragitto che i due avrebbero fatto tra un colpo e l’altro: l’area del secondo raid, in particolare, è particolarmente presidiata dalla videosorveglianza, ed è tutt’altro che escluso che nei fotogrammi non ci siano i volti dei killer di via Macchi. Diverse macchine del pronto intervento dell’Arma si sono concentrate attorno alle 20 nella zona di Amendola, ma fino a ieri sera non si è avuta notizia di persone sottoposte a provvedimenti giudiziari né di sospettati portati in caserma per essere interrogati.