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"L’omicidio di Tobagi si poteva evitare". Il giudice Salvini accusa: errori e leggerezze

Ignorate e fatte sparire le informative di un confidente

FREDDATO Il corpo di Tobagi sul selciato, ucciso il 28 maggio 1980 dai terroristi rossi della “Brigata XXVIIl marzo”

FREDDATO Il corpo di Tobagi sul selciato, ucciso il 28 maggio 1980 dai terroristi rossi della “Brigata XXVIIl marzo”

Milano, 16 gennaio 2018 - La mortedi Walter Tobagi si poteva evitare. «Prima dell’omicidio, i carabinieri avevano avuto segnali precisi del fatto che fosse diventato di nuovo un obiettivo» del gruppo terroristico che da qualche mese si faceva chiamare ‘Brigata XXVIII marzo’ (in onore di quattro brigatisti morti in un blitz dei carabinieri in via Fracchia a Genova), un gruppo che voleva fare «il salto di qualità e entrare a pieno titolo nelle Brigate Rosse». Ne è convinto il giudice Guido Salvini, che per anni si è occupato di terrorismo e ha approfondito la vicenda del giornalista del Corriere, ucciso il 28 maggio 1980 , a pochi passi da casa sua, in via Salaino. Diverse informative dei carabinieri raccontavano del pericolo imminente e «se fossero state valutate con attenzione si sarebbe potuto evitare quello che è successo», spiega Salvini nel corso di un incontro all’Associazione Lombarda Giornalisti.

Anche  «i vertici della Procura e dei carabinieri sapevano che Tobagi era tornato nel mirino dei terroristi, ma sottovalutarono le informazioni ricevute», continua il magistrato, citando due importanti testimonianze: quella dell’ex generale dell’Arma Nicolò Bozzo, braccio destro del generale Dalla Chiesa, e dell’ex capitano dei carabinieri Roberto Arlati. Entrambi hanno parlato dell’ex brigadiere Dario Covolo, nome in codice ‘Ciondolo’, che era riuscito a entrare in contatto con il terrorista Rocco Ricciardi. Era stato ‘il Postino’, come veniva chiamato il confidente, a rivelare che Tobagi era in pericolo. Ma c’è di più. Nelle relazioni del brigadiere, almeno 25, c’erano i nomi dei componenti della banda guidata da Marco Barbone e molto altro ancora. Dopo la morte del giornalista, però, «quelle informative - ha detto Salvini - sono state fatte sparire per coprire un errore». Alla fine «la somma degli errori è diventata una colpa» e la mancanza di trasparenza ha dato «adito a tesi complottiste senza alcun fondamento».

Da rivedere anche l’idea che il gruppo di fuoco che uccise Tobagi si fosse costituito da poco. Francesco Giordano, ex terrorista tornato libero dopo 25 anni di carcere, ha chiarito che lui e gli altri avevano già messo a segno diverse rapine tra settembre e ottobre del 1979, quando si facevano chiamare ‘Guerriglia rossa’. Poco credibile, infine, la «straordinaria illuminazione» che portò subito i carabinieri all’arresto di Barbone. In realtà il suo nome era già nelle informative del brigadiere Covolo. Insomma, «gli inquirenti già sapevano« chi era stato a sparare, ha chiarito Salvini. «In quel periodo a Walter fu proposto di trasferirsi a Pechino come inviato. Se avesse saputo di essere in pericolo, si sarebbe salvato», ha detto Renzo Magosso, giornalista e amico fraterno di Tobagi.