LAURA LANA
Cronaca

Sesto, l’omicidio di via Pisa. Il testimone: “Abbiamo visto sangue ovunque e gli occhi sbarrati di quel ragazzo”

Viaggio nella cascina ai bordi del parco Media Valle. “Uno a terra qui, un fuggitivo là: un film horror. Abbiamo soccorso un ferito, abbiamo tamponato le ferite ma non ce l’ha fatta”

Sesto San Giovanni (Milano) – Il rientro a casa da lavoro e i primi botti, verso le otto di sera. "Pensavo fossero i soliti petardi e fuochi d’artificio che ormai ci tengono compagnia ogni sera". Invece sono spari. Una marea. Poi la botta fortissima alla porta del piano terra della cascina. I due barboncini della casa accanto che iniziano ad abbaiare. La signora del primo piano che, dalla finestra, vede quello che sta accadendo nel cortile. "Eravamo dentro un film. In settant’anni non è mai accaduto nulla di simile". Quando Gianluca Nigro esce si trova davanti Joussef Saadani, il marocchino 29enne che lunedì sera è stato ucciso in via Pisa dopo un regolamento di conti tra bande di spacciatori.

Gianluca Nigro, uno dei testimoni dell'omicidio
Gianluca Nigro, uno dei testimoni dell'omicidio

"Abbiamo provato a soccorrerlo. C’era sangue ovunque, continuava a perderne. Abbiamo preso dei panni, anche un lenzuolo per tamponare le ferite. Quando è arrivata l’ambulanza, hanno provato a rianimarlo. Per un po’ sembrava lo avessero ripreso, ma è stato inutile", racconta una signora, che da oltre mezzo secolo abita a Cascina Colombo e che ieri mattina, per pulire il sangue, ha impiegato ore e diversi secchi di candeggina.

Dove è morto Joussef ora ci sono una pianta e due mazzi di rose, uno bianco e uno arancio. Li hanno posati gli inquilini della corte proprio sotto la Madonnina, dove Joussef è stato finito e dove Gianluca ha provato a tenerlo in vita facendogli il massaggio cardiaco. Un colpo alla nuca, due alla schiena, uno alla gamba. È stato crivellato mentre scappava, scavalcando giardini e recinzioni in una folle corsa, forse a caso, che lo ha portato davanti alle loro porte. Dove gli è stata tagliata la gola e mozzato un orecchio. Un’esecuzione in piena regola per il marocchino, già noto alle forze dell’ordine per vari guai con la giustizia.

Ma lunedì sera, in quella parte di parco tra Sesto San Giovanni e Cologno Monzese, non c’era solo Joussef. "A un certo punto, siamo tutti usciti in cortile", racconta Gianluca. "Io ne ho uno davanti alla porta". "Io ne ho due in giardino". "Ce ne è un altro qui", si dicono con le voci che risuonano da una parte all’altra della vecchia corte agricola. "Ci siamo praticamente trovati questi fuggiaschi in casa. Ne spuntava fuori uno dopo l’altro. Due sono scappati. Uno, prima di fuggire, mi ha detto ‘È un mio amico’. Era preoccupato per le sue condizioni, ma doveva portare a casa la pelle".

A terra sul lato destro, vicino a uno dei giardini privati, c’è un altro della banda in fuga. È un libico di 30 anni e lo hanno massacrato di botte: calci, pugni, bastonate forse anche con una mazza da baseball. "Aveva la faccia gonfissima. I denti tutti caduti sull’asfalto", ricorda Gianluca, che lo ha soccorso insieme a sua moglie. Più avanti, dall’altra parte della corte, il terzo uomo: un altro marocchino, che è stato colpito a un polso da un proiettile e portato al San Giuseppe. "Ci ha chiesto prima un bicchiere d’acqua. Poi, quando è arrivata l’ambulanza, una sigaretta".

Un regolamento di conti secondo la prima ipotesi dei carabinieri: ieri sera il fermo di un pregiudicato marocchino 32enne senza fissa dimora, avrebbe fatto parte del gruppo di assalitori. "Sono stati sparati tanti colpi. Probabilmente alle spalle, mentre queste persone, almeno cinque, provavano a scappare scavalcando i cancelli, saltando sulle auto, facendo percorsi a slalom, probabilmente non conoscendo il posto e quindi le vie di fuga". La banda rivale, invece, riesce a dileguarsi tra i sentieri, il bosco e poi la strada. Ieri mattina da alcune persone è stato trovato un coltello nella boscaglia, poi sequestrato dai carabinieri che sono stati avvisati. Vicino al corpo di Joussef c’era un taglierino. È stato usato di tutto per l’aggressione: pistole, forse un fucile, mazze, coltelli, anche forbici. Alcune famiglie raccontano anche di un’auto arrivata nel vialetto: le persone a bordo sarebbero scese per recuperare due buste tra le piante per poi ripartire.

"Nelle ultime settimane si sono viste facce strane, ma sempre di passaggio. Al di là di piccolo spaccio, che c’è come in altri luoghi, in 72 anni non abbiamo mai avuto problemi di sicurezza, tanto che lasciamo anche le bici slegate in cortile, appoggiate al muro. Siamo 12 famiglie, quasi tutti parenti, che abitano l’ultima casa di corte rimasta a Sesto. Non dimenticheremo mai quello che è successo. Il sangue persino sulle tettoie, gli spari, le persone che rimbalzavano da un giardino all’altro, gli occhi sbarrati di chi è morto", dicono gli abitanti della cascina.