Milano - Le mani della Nord arrivavano dappertutto. Parcheggi, biglietti, concerti, paninari e droga. L’indotto "nero" garantito dal Meazza finiva ai capi, in particolare al ras Vittorio Boiocchi, il sessantanovenne ucciso sabato sera sotto casa a Figino da due killer poi scappati in sella a una motocicletta di grossa cilindrata. È proprio il pluripregiudicato milanese – con dieci condanne definitive nel curriculum criminale e un passato da responsabile delle "operazioni finanziarie" di un’organizzazione che importava cocaina dalla Colombia ed eroina dalla Turchia (c’erano dentro pure i fratelli Fidanzati, la cosca Mannino e la mafia del Brenta) – a fare il sunto delle sue "attività" attorno al Meazza in un dialogo intercettato con Gerardo Toto, complice nella tentata estorsione da 2 milioni di euro che gli costò l’ultimo arresto l’anno scorso.
Il 19 febbraio 2021 , Boiocchi gli spiega che "sta perdendo un sacco di soldi con il blocco delle partite e dei concerti", legato alla pandemia e al divieto di frequentare gli impianti sportivi per evitare la diffusione dei contagi; dice che "prende circa 80mila euro al mese tra parcheggi e altre cose" e che "finalmente erano riusciti a fare una bella cosa con la gestione dei parcheggi, con 700-800 biglietti in mano, due paninari a cui hanno fatto avere il posto che gli danno una somma a ogni partita". In sostanza, "10mila euro ogni partita". Frasi che oggi ritornano di strettissima attualità, anche perché la soluzione dell’omicidio del sessantanovenne potrebbe celarsi proprio dietro i contatti che aveva rimesso in piedi dopo la scarcerazione del 2018 (affidato in prova ai servizi sociali dopo quasi un quarto di secolo dietro le sbarre) e soprattutto dietro i lucrosi business che ruotavano (e continuano a ruotare) attorno a San Siro. Si parte dai pacchetti di biglietti che Boiocchi riusciva a procurarsi con cadenza settimanale: lui parla di "700-800", ma forse erano di più quelli che venivano distribuiti da lui e da altri membri del direttivo.
E poi c’erano i parcheggi nella zona dello stadio: pare che il capo fosse riuscito a entrare pure in quella partita, non si sa se facendosi garantire una percentuale o entrando direttamente in una quota dei posteggi tramite uomini fidati del mondo ultrà e con il benestare di esponenti della criminalità (in quel settore sono da tempo noti gli interessi economici del clan Iamonte di Melito di Porto Salvo). Senza dimenticare la security della movida, gli steward ai concerti estivi al Meazza e il piccolo spaccio al secondo anello verde.
A proposito di secondo anello verde, ieri, a 48 ore dallo "sgombero" forzato degli spettatori messo in atto dagli ultrà dopo aver appreso dell’assassinio di Boiocchi, la società nerazzurra ha preso ufficialmente posizione con un comunicato: "FC Internazionale Milano condanna con fermezza qualsiasi episodio di coercizione avvenuto sabato sera – si legge nella nota –. Il club, che in ogni sede lotta contro ogni tipo di violenza, ribadisce i valori essenziali di fratellanza, inclusione e antidiscriminazione ed esprime la sua totale solidarietà nei confronti di quei tifosi che sono stati costretti a rinunciare a ciò a cui tengono di più: l’amore e la passione per l’Inter. Il club – che si adopera ogni anno per rafforzare il presidio di sicurezza e di sorveglianza all’interno dello stadio – ribadisce nuovamente la sua totale collaborazione con le forze dell’ordine per assicurare la tutela dei diritti dei propri tifosi". Gli investigatori della Digos stanno visionando con attenzione le immagini registrate dalle telecamere, ma finora non sono emersi episodi di aggressioni violente né risultano denunce presentate ufficialmente da eventuali persone malmenate o pestate.
Intanto , proseguono le indagini sull’omicidio degli specialisti della Squadra mobile, coordinati dal pm Paolo Storari e guidati dal dirigente Marco Calì e dal funzionario Domenico Balsamo: ieri è stato sentito l’ultrà Andrea Beretta, uno degli uomini più influenti nel direttivo della Nord, ma pure da lui, come in precedenza leader storici come Nino Ciccarelli e Renato Bosetti, non sarebbero arrivate indicazioni utili per dare una svolta all’inchiesta.