SIMONA BALLATORE
Cronaca

Fra Marcello e l’impegno di Opera San Francesco: “Troppa rabbia negli occhi ma Milano ha ancora un cuore buono”

L’appello del presidente: “Sveleniamo gli sguardi”. Più richieste di aiuto per il caro-affitti. Tra i benefattori 220 medici e tanta gente comune

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Fra Marcello Longhi, presidente dell’Opera San Francesco per i poveri

Milano - “Vedo una Milano che ha ancora un cuore buono, ma che a volte ha uno sguardo oscurato dalla rabbia, dalla paura. Quello di cui abbiamo bisogno è svelenire lo sguardo”. Fra Marcello Longhi è presidente dell’Opera San Francesco per i poveri, attiva da 65 anni.

Dal suo osservatorio, si vede ancora la Milano dal ‘coeur in man’?

“È miracoloso vedere il sostegno, la solidarietà, la vicinanza. Non solo i volontari qui ci sono, ma viviamo l’imbarazzo doloroso di dover dire a 700 persone - che vorrebbero entrare e unirsi ai 1.353 che sono già attivi - di avere pazienza. C’è questa onda intelligente che preme e spinge alle porte per dire: “Anch’io vorrei fare qualcosa di concreto, che incida immediatamente“. Dall’altro lato, quanti cantiere di case popolari vedete per Milano?”.

Sta diventando una città per pochi? Che esclude?

“Ieri ho incontrato una ragazza: vorrebbe comprare casa, per 60 metri quadri le hanno chiesto cifre insostenibili e finirebbe di pagare il mutuo a 70 anni... c’è qualcosa che decisamente non va”.

Stanno crescendo le richieste di aiuto?

“Abbiamo 2.400 persone al giorno in media che vengono a mangiare qui, 555 nell’altra mensa. Numeri in moderato aumento, non siamo allo tsunami, ma insieme ai ragazzi che vengono dalla rotta balcanica o con i barconi, la percentuale di italiani è in lenta e costante crescita. Vediamo tanti pensionati che alla fine del mese non ci arrivano più. Tra i gruppi etnici, i più numerosi sono i peruviani, di cui nessuno parla: arrivano con tutta la famiglia in aereo indebitandosi”.

Cosa chiedono?

“Un pasto, una doccia. E menomale che il Comune ha riaperto anche quelle di via Puccini, perché ce n’è un bisogno enorme. Come c’è un bisogno di relazioni. Abbiamo un fondo, “Prenderci cura“ per il sostegno economico di persone che accettano di entrare in un progetto: si coordinano gli aiuti per dare una pista di decollo”.

Chi sono i benefattori oggi?

“Gente comune, che ogni mese non fa mancare il suo appoggio, accanto a grandi imprenditori e a fondazioni bancarie. C’è un signore che ogni settimana ci fa arrivare in una busta gialla 5 euro e paga un euro e 25 centesimi di bollo. Gli ho scritto che può aspettare la fine del mese e mandare una lettera sola, risparmiando, ma mi ha risposto che fa così perché alla fine del mese potrebbe essere morto e io ci perderei. Si stanno avvicinando anche tante aziende. Ci aiutano, ma ci chiedono soprattutto di mandarci i loro dipendenti con il volontariato d’azienda: quando tornano litigano di meno”.

Chi è il volontario tipo?

“Ha 50 anni, è milanese, ma c’è anche chi arriva da fuori, facendosi un’ora e mezza di macchina. Ci sono i giovani, senza soldi, ma con una grande visione di futuro. Ci sono i volontari per le emergenze, che hanno poco tempo, ma quando hai bisogno arrivano subito. E se penso al Poliambulatorio... è lì che accade un altro miracolo”.

Quale?

“Ci sono più di 200 medici e tra loro fior fior di primari, che pretendono a volte l’anonimato e che vengono a visitare gratuitamente. Medici in pensione e professionisti di ogni specialità, ci manca solo la radiologia. E questa cosa fa arrabbiare alcuni italiani malevoli: “Fanno prima la visita ai vostri che a me?”. E io risponderei come si dice a chi parcheggia nei posti dei disabili: “Vuoi fare le visite prima? Vai in strada, prendi il mio handicap“”.

Luci e ombre in città: cresce la solidarietà da una parte e il risentimento dall’altra?

“Sì, vedo volontari in attesa ma ricevo anche mail illeggibili, con insulti, da “vicini di casa“ e su questo stiamo peggiorando molto. Abbiamo bisogno di mantenere a Milano una visione intelligente e buona. Non possiamo vivere come cani arrabbiati gli uni contro gli altri, strappandoci l’osso: ci peggiora soltanto la vita. Dare la colpa ai poveri di essere poveri non risolve alcun problema. Quando ti avvicini a loro, condividi la loro storia, ti lamenti meno, sei più felice per quello che hai e forse arrivi a dire che nella vita sei stato benedetto. Abbiamo bisogno di persone che possano aiutarci a promuove uno sguardo affettuoso rispetto a quei cittadini di Milano e del mondo che per tanti motivi fanno fatica a vivere, che hanno bisogno di un aiuto per ripartire o per non sprofondare. Nel mondo ci sono già così tante guerre inaccettabili: salviamo Milano dall’ottusità della violenza. Salviamoci”.