ANNAMARIA LAZZARI
Cronaca

Disoccupati e padri separati, ecco i poveri invisibili

Il presidente dell’Opera San Francesco: "Assistiamo ogni anno oltre 25mila persone"

Un clochard (Ansa)

Un clochard (Ansa)

Milano, 11 febbraio 2018 - Milano, vetrina luccicante del Paese. Ma l’uscita dalla crisi non è avvenuta per tutti. Sono sempre di più gli italiani che hanno bussato, negli ultimi anni, all’Opera San Francesco: tra loro «molti disoccupati di lungo corso o padri separati che un lavoro ce l’hanno ma non riescono a pagarsi un affitto», rivela padre Maurizio Annoni, presidente dell’Opera San Francesco, al servizio dei poveri dal lontano 1959. Con due mense, quella storica di corso Concordia a cui si è aggiunta dallo scorso ottobre una in piazza Velasquez. E ancora: servizi di igiene personale come docce, la distribuzione di vestiti puliti e un ambulatorio medico. L’Opera San Francesco si dedica anche a progetti per l’inserimento lavorativo e l’housing sociale.

Padre Annoni, chi sono le persone che usufruiscono dei vostri servizi?

«Sia stranieri che italiani. Tra i primi sempre più immigrati da Maghreb e da Africa subsahariana, come Senegal, Gambia e Costa d’Avorio che non hanno avuto la possibilità di inserirsi nel tessuto sociale. La presenza di italiani fra coloro che fruiscono di servizi a contrasto alla povertà assoluta continua a salire dal 2008. Sono diventati italiani senza dimora quelli che, espulsi dal mercato del lavoro, erano anche privi di una rete parentale di supporto. Un’altra categoria numerosa è quella dei padri separati: persone che hanno lasciato alla propria famiglia l’abitazione principale e si trovano in una condizione economica così precaria da non riuscire a pagarsi un affitto, sebbene abbiano un lavoro».

C’è una reticenza, fra gli italiani, a recarsi nelle vostre strutture?

«Alcuni confessano di aver dovuto lottare con se stessi per accettare di mettersi in fila per la mensa. Quella fila, per loro, rappresentava il punto più basso della curva della loro esistenza».

Quali sono i numeri del fenomeno?

«Dall’ultimo bilancio sociale, emerge che nel 2016 sono state 25.162 le persone che si sono rivolte ai nostri servizi almeno una volta nel corso dell’anno. Provengono da 131 nazioni diverse. L’11,7% degli utenti dal nostro Paese, seguiti – in modo costante ormai da anni – da Marocco (9,2%), Romania (9,1%) ed Egitto (7,2%). In totale, nel 2016, sono stati erogati 746.705 pasti, 66.497 docce, 12.277 cambi d’abito, 33.985 visite mediche e distribuiti 52.247 farmaci».

Sono più uomini o donne?

«Nel 2016, ultimo dato disponibile, il 76% dei nostri ospiti era di sesso maschile e quasi la maggioranza (48%) nella fascia di età che va dai 25 ai 44 anni»

E nel 2017?

«Il bilancio sociale non è ancora stato redatto ma posso dire che il fenomeno rimane stazionario. Abbiamo distribuito in totale 726.352 pasti nella mensa di corso Concordia: vuole dire una media giornaliera di circa 2.300 pasti al giorno, tra pranzo e cena. A cui si devono aggiungere i 12.011 pasti della nuova mensa di Velasquez, aperta però solo a mezzogiorno, erogati da ottobre a dicembre dell’anno scorso. Le docce e altri servizi di igiene personale sono stati 65.604. I cambi d’abito 9.772. Le visite mediche al poliambulatorio sono arrivate a 34.358 a cui si aggiunge la distribuzione di 17.149 farmaci».

Milano come reagisce di fronte all’estrema povertà: con cinismo?

«Non userei la parola cinismo. E neppure indifferenza. Direi che il problema è una generale sottovalutazione del fenomeno».