NICOLA PALMA
Cronaca

Palazzo Cicogna, stop al parcheggio

"No" dei giudici alla proprietà. "Il giardino interno è un monumento"

Il giardino di Palazzo Cicogna in corso Monforte 23

Milano, 20 febbraio 2018 - È uno dei giardini più belli della città. Magnolie secolari, olmi, tigli, taxodium e cedri deodara nella splendida cornice di Palazzo Cicogna. Un vero e proprio angolo di natura incontaminata a due passi da piazza San Babila, nascosto dietro la facciata dello stabile confinante con la Prefettura. E tale resterà anche in futuro, nonostante i proprietari volessero costruirci sotto un parcheggio di due piani da 98 posti auto. A stabilirlo è una sentenza del Consiglio di Stato pubblicata nei giorni scorsi, che ha bocciato l’ultimo ricorso presentato dalla Basilio srl: quegli alberi non si toccano, non si possono toccare, il verdetto in sintesi. La storia inizia qualche anno fa, quando il proprietario Mario Emanuele Cicogna Mozzoni, figlio del conte Alessandro e di Umberta San Martino D’Agliè di San Germano, presenta alla Sovrintendenza per i beni architettonici e paesaggistici della Lombardia il progetto del silos interrato.

I tecnici bocciano il piano, fondando il loro parere sui due vincoli che pendono sul gioiello di corso Monforte 23 angolo via San Damiano. Il primo, imposto per decreto dal Ministero della pubblica istruzione il 23 marzo 1953, ne esalta «la vegetazione di non comune bellezza». Il secondo, risalente al 16 ottobre 1976 e stavolta firmato Ministero dei Beni culturali, fa riferimento al «nobile complesso formato da edifici del secolo XVIII e XIX impostati intorno a cortili» e cita esplicitamente il «bellissimo e profondo giardino ricco di essenze pregiate e secolari». Il proprietario non si dà per vinto e, dopo aver vinto un ricorso al Tar, ripresenta un altro progetto alla Sovrintendenza. Ed ecco il secondo stop, motivato così: «Il parcheggio interrato, che verrebbe a occupare quasi l’intera area del giardino, se realizzato lederebbe in modo significativo il complesso vincolato costituito dall’edificio e dallo stesso giardino storico, parte integrante del monumento». Sì, perché, si legge ancora, «il giardino vincolato presenta senza dubbio valore di monumento», il che lo rende intoccabile sia per il «principale strumento legislativo di tutela» che per «le linee guida per la salvaguardia e il restauro dei giardini storici denominato Carta di Firenze». Vale a dire il documento promosso nel 1981 dall’International council of monuments and sites, un’organizzazione non governativa molto autorevole in materia. Scatta il secondo ricorso al Tar, e stavolta i giudici amministrativi lo respingono, accogliendo in toto le ragioni della Sovrintendenza. A cominciare dal fatto che «realizzare l’autorimessa nel sottosuolo del giardino trasformerebbe lo stesso in un solaio di cemento con della terra ed eventuale vegetazione riportata».

Scenario che potrebbe compromettere la vita degli alberi, non tanto per l’estensione delle radici, quanto per le inevitabili modifiche al terreno e alla capacità «di garantire il naturale drenaggio dell’acqua». Ora l’ultima parola del Consiglio di Stato, che ha ritenuto inammissibile pure l’ultimo rilievo messo in evidenza dalla proprietà: «La circostanza per cui nel sottosuolo passerebbe il tracciato di una linea della metropolitana in costruzione (la M4, ndr) risulta non decisiva, poiché si tratta di un’opera che si sviluppa a una profondità superiore ai venti metri e in taluni tratti vicina ai trenta, per cui si può ragionevolmente escludere che essa influenzi quanto esiste in superficie». Di contro, «l’autorimessa dovrebbe essere coperta da terreno per uno spessore dell’ordine degli 80 centimetri». Un paragone improponibile. Conclusione: niente parcheggio a Palazzo Cicogna.