
Il palazzo di via Caldara (Newpress)
Milano, 18 agosto 2014 - Il «mostro» è legale. Tutti assolti per il palazzo di viale Caldara 38, secondo l’accusa progettato e costruito in violazione di norme edilizie e non solo. Era finito anche sotto sequestro, l’edificio con le balconate che sporgono non in linea con gli altri della strada lungo la circonvallazione interna. L’architetto sosteneva da sempre di aver voluto rompere l’esagerata quiete urbanistica della zona, ma il pm Paola Pirotta è ancora convinta che l’edificio sia potuto sorgere solo grazie ad un sostanziale imbroglio ai danni del Comune. E però la quarta sezione del tribunale, presidente Oscar Magi, ha accolto le tesi difensive e deciso che «il fatto non sussiste». Nessun reato, dunque, nella vicenda processuale che vedeva imputati proprietari, progettista, direttore dei lavori e funzionario comunale - accusati a vario titolo di reati edilizi ma anche di truffa e abuso d’ufficio - e per i quali al termine della sua requisitoria il pubblico ministero aveva chiesto condanne fino a un massimo di 10 mesi di reclusione. E per la società proprietaria aveva sollecitato una sanzione economica decisamente elevata, che i giudici avrebbero dovuto fissare tra 700 mila e 3 milioni di euro.Tutti gli indagati erano accusati di aver eseguito «opere edili senza il prescritto permesso a costruire o comunque senza un altro valido titolo, stante l’illegittimità della Dia (Dichiarazione di inizio attività, ndr) del 18 aprile 2006 e delle successive varianti e integrazioni».
In particolare, il progettista Alberico Barbiano di Belgiojoso e il committente avrebbero mentito sulla tipologia dell’intervento. Il dirigente comunale avrebbe poi garantito una corsia preferenziale al progetto, sostituendosi di fatto all’Ufficio del protocollo e inviando in Commissione edilizia il piano «senza alcuna istruttoria». Ma il tribunale ha demolito la teoria dell’accusa, sancendo di fatto la legittimità di tutta l’operazione. Il caso era scoppiato un paio d’anni fa, quando su disposizione del gip Gianfranco Criscione il cantiere al civico 38 venne sequestrato e nel registro degli indagati finì per l’appunto, tra gli altri, l’ ex dirigente dell’ Ufficio servizi interventi edilizi maggiori del Comune. Imputati erano anche i due legali rappresentanti della società immobiliare proprietaria e committente delle opere e il procuratore della stessa società. Secodo la procura, insieme all’architetto avrebbero indotto in errore il Comune, presentando una tavola planimetrica del progetto «priva di qualsivoglia evidenziazione cromatica e priva, persino, dell’ esplicita indicazione del limite di allineamento ai fabbricati» per «far risultare rispettati gli allineamenti con gli edifici limitrofi». Ora però i giudici hanno escluso ogni reato.