
Il raduno dei paninari
Milano, 21 novembre 2021 - Un paio di volte all’anno, piazza San Babila torna al 1985 per il raduno dei paninari. Ieri gli ex adolescenti hanno ricordato i pranzi al Burghy, le incursioni nei negozi a caccia di capi griffati, i pomeriggi in discoteca. Oggi sono cinquantenni e lavoratori, molti padri di famiglia. Qualcuno ha passato il testimone ai figli: paninari in erba che proseguono la tradizione con i vestiti di papà. Grandi e piccoli sono inconfondibili con addosso bomber, piumini Moncler o giacche Schott, maglie Stone Island, Felpe Best-Company, jeans Levi’s stretti in vita con cinture El Charro, calze Burlington con i mitici rombi, scarpe Timberland, zaini Invicta e Naj Oleari per «le preppy» e occhiali Ray-Ban. Ogni indumento e accessorio è mostrato con orgoglio, come più di 35 anni fa. "Ma noi, di essere paninari, non abbiamo mai smesso», assicurano. «A legarci non è la febbre per il marchio ma la voglia di stare insieme. L’oggetto non ci equipara a una massa ma ha un significato, e al centro c’è la personalizzazione più che il consumismo», dice Andrea Marzolla, promotore del raduno durato tutto il giorno, con serata conclusiva al Nepentha Club di piazza Diaz e l’animazione del cantante Gianmarco Piacentini. «Ci ritroviamo pieni di entusiasmo, con la nostalgia per il passato ma sapendo che in fondo non ci siamo mai persi». Insieme anche per ritrovare la socialità dopo la pandemia. Ieri erano in 65, in arrivo da diverse città d’Italia. La più giovane ha 10 anni e si chiama Giulia Calabrò: «Nei racconti di mio padre Gianluca vedo la Milano degli anni Ottanta. Mi sarebbe piaciuto viverla". Matteo Rossi, da Legnano, compirà 17 anni tra pochi giorni e il «pan look» lo sfoggia anche a scuola. "I compagni mi vedono come ‘strano’ ma non mi interessa, ho personalità". Erik, 12 anni, è fiero di indossare il bomber che era del papà Alberto Fontanili. Ospite d’onore Giuseppe Zarfati, settantottenne, che in via Passarella gestiva il negozio di abbigliamento Di Segni, importando solo prodotti americani: gli ex ragazzi ieri gli hanno consegnato una targa. «Mio nonno Giuseppe Di Segni aveva aperto un negozio nella stessa via 30 anni prima». Accanto c’è Vincenzo Genovese, di Lamezia, che da ragazzino ha fondato una compagnia di paninari in Calabria. Da La Spezia è arrivato Roberto Lattanzio, diventato paninaro «per amore di una ragazza». Emiliano Vailati ricorda l’adolescenza e le gite da Soncino, il suo paese in provincia di Cremona, a Milano, per comprare i vestiti. Mentre a Genova, «il punto di ritrovo dei paninari era il Burghy di via XX Settembre», continua Marco Tarantini. Anche Valentina Banco, mamma di tre figli e assessore nel Comune di Duino Aurisina in provincia di Trieste, torna indietro nel tempo. «Allora eravamo spensierati. Giovani che vedevano un futuro promettente».