DI GRAZIELLA LEPORATI
Cronaca

Parco Lambro e Re Nudo Il Festival della controcultura

Mezzo secolo fa la Woodstock italiana con 100mila persone a Milano. I movimenti giovanili, la band undeground e gli anni di piombo.

di Graziella Leporati

Mezzo secolo. Sono passati 50 anni da quando Milano si sveglia una mattina e scopre il marketing popolare. Manifesti fatti a mano, curiosi e irriverenti, tappezzano la città e annunciano la nascita di “Re Nudo“, la rivista di controcultura alternativa, fondata da Andrea Valcarenghi, che diventa subito un punto di riferimento per gli under 30. Perché Re Nudo è il punto di partenza per le masse di ragazzi che, conquistati dal successo mondiale di Woodstock, lanciano in Italia il Festival del Proletariato Giovanile. Il primo appuntamento è a Ballabio, sopra Lecco, poi si spostano a Zerbo sulle rive del Ticino, quindi all’Alpe del Viceré, per approdare infine nella metropoli dove, nell’estate del 1974, si arriva alla prima edizione del Festival al Parco Lambro a Milano. Ne seguono altre due: tutte fondamentali per la musica perché sul palco salgono le avanguardie pop e i cantautori impegnati che "hanno preso coscienza".

Un periodo borderline: da un lato le stragi degli anni di piombo che cercano una giustificazione politica e sociale, dall’altro la cultura underground che cerca spazi propri per rispondere alle domande di una nuova società in cui i giovani hanno ormai assunto il ruolo di protagonisti. Anni difficili, riletti, interpretati e analizzati da Luca Pollini nel suo libro “La trasgressione necessaria - Dai provos al ’68, dall’ecologismo a Osho. La vita controcorrente di Andrea Ma-jid Valcarenghi fondatore di Re Nudo“, Mimesis edizioni. È lui stesso che delinea in questa intervista i tratti essenziali di un’epoca, di un personaggio e di un evento diventato ormai un fatto storico che ha segnato un’epoca.

I Festival del proletariato occupano una parte importante dell’attività di Valcarenghi. Qual è il suo giudizio dai primi organizzati in maniera naif all’ultimo del 1976 dove però è entrata molta violenza.

"Credo siano stati fondamentali per la musica italiana, i movimenti giovanili e la formazione politica di una generazione. Bisogna ricordarsi che nel 1971, quando a Ballabio si è svolta il festival, Nicola Di Bari vinceva a Sanremo con “Il cuore è uno zingaro“ mentre sul palco di Re Nudo suonava gente come Claudio Rocchi, Franco Battiato, i Garybaldi, gli Stormy Six e, malgrado la logistica, la scomodità per raggiungere l’area e le previsioni meteo non proprio incoraggianti - pioggia per tutti e due i giorni - arrivano circa diecimila persone che si accampano con tende e sacchi a pelo, tanti senza neppure quello. Per quanto riguarda l’edizione del ’76 va detto che nell’organizzazione a Re Nudo si erano affiancati Lotta continua, Avanguardia operaia, Mls, Quarta internazionale, Collettivi anarchici divisi sulla gestione delle assemblee, e degli spazi sul palcoscenico. Il Festival non era più solo un appuntamento dei giovani di sinistra, al Parco Lambro circolavano oltre 100mila persone, e ha visto l’entrata in scena degli autonomi: così la situazione è sfuggita di mano agli organizzatori. Poi ci si era messo pure il Comune di Milano che, incurante della presenza di una massa umana così grande, aveva negato l’allacciamento dell’acqua potabile e la raccolta dei rifiuti".

Negli anni Sessanta e Settanta c’era molta politica in quello che si faceva. Una stagione esaurita? Cosa resta?

"È sicuramente una stagione esaurita, ma di quella esperienza resta molto perché i valori di Re Nudo si trasformano in un progetto di vita. Valcarenghi è ideatore e promotore di “Soli e Insieme – Il villaggio di Re Nudo“!, uno spazio di vita dove libertà e responsabilità sono i fondamenti di un modello di relazione sociale basata su comprensione, amore, empatia, condivisione, collaborazione".

Credit Foto Dino Fracchia