"Non possiamo stare zitti, facendo finta di nulla. Va garantita più sicurezza davanti alle scuole: stiamo cercando di creare un comitato e stiamo raccogliendo le firme per chiedere più vigilanza alla scuola Cabrini e non solo. Quello che è successo a me può succedere ad altri". Francesca, nome di fantasia per tutelare le figlie, da due giorni non riesce a prendere sonno: è la mamma delle gemelline che lunedì sono state avvicinate da un 53enne, arrestato poche ore dopo per sequestro di persona e denunciato per tentata sottrazione di persona incapace.
Aveva mai visto quell’uomo?
"Mai. Ma da quando ho denunciato l’episodio, continuo a essere contattata da mamme e da scuole, che mi raccontano di averlo spesso visto aggirarsi fuori da altre elementari o dagli asili, cercando anche di entrare o restando incollato con la faccia alla vetrata. Perché tutti lo conoscono e nessuno ha mai detto nulla?".
Cos’è successo lunedì?
"Eravamo al bar davanti alla scuola per aspettare l’apertura dei cancelli, intorno alle 7.30. All’improvviso si è avvicinato quest’uomo: lo vedevo in faccia, le mie figlie erano di spalle e per fortuna non si sono accorte di nulla, pensavano ci fosse dietro di loro un’altra mamma. Lui ha fatto un gesto, come per prenderle per il cappotto. Ma ho avuto la forza di reagire subito e di urlare: “Cosa vuoi? Vattene". Certo, con altri termini, vista la situazione. Lui non se n’è andato, mi ha risposto che non voleva le bambine femmine ma “un bambino maschio non normale“. Ho capito che “non era a posto“. È uscito dal bar, ma non è scappato".
Dov’è andato?
"Si è diretto verso la scuola, mi hanno detto che ha cercato di entrare e ha ripetuto la stessa domanda alle bidelle, che hanno chiuso la porta. Quella parte però non l’ho vista con i miei occhi. Io so solo che l’ho rivisto poco dopo. Lo cercavo, per tenerlo sotto controllo. E ho visto che ha tentato di afferrare un altro bambino, che stava per entrare. Con un altro papà lo abbiamo fermato e portato davanti alla gioielleria. Ho chiamato i carabinieri, che sono arrivati dopo tre minuti. Sono andata in caserma per ricostruire tutto e denunciarlo".
Cosa la preoccupa di più?
"Mi hanno detto che è in cura da 10 anni. So che lo rilasceranno presto. Ma se non può restare in carcere, è una persona che deve essere ricoverata in qualche struttura o seguita. Potrebbe andare peggio di così la prossima volta. Ho appena saputo che vive pure a cinque minuti di distanza dai miei parenti: il solo pensiero di poterlo incrociare presto di nuovo mi spaventa".
Cosa chiede oggi?
"Più sicurezza. Troppi stanno zitti. Mi stanno chiamando in tanti in questi giorni, ma quando chiedo di denunciare gli episodi, di metterci la faccia con me, tanti si fanno indietro: hanno paura, dicono che “tanto non vinciamo noi“, che “non cambia nulla“. Mi chiedo: cosa sto lottando a fare? E invece dobbiamo farlo per i nostri figli: creiamo un comitato, parliamo del problema. Alcune scuole sono più “esposte“ di altre a certi episodi perché hanno entrate non belle, l’ingresso e l’uscita sono caotici. Chiediamo controlli e regole diverse, più vigilanza. Aiutiamoci. Vedo solidarietà sì, ma ancora troppo silenzio".