Annamaria Lazzari
Cronaca

Milano, parla il rider pentito: “Ero sfruttato e senza tutele. Meglio diventare corriere per Amazon”

Giuseppe Di Maggio per quasi sei anni ha portato cibo a domicilio in sella al suo scooter. Da un mese fa consegne con il furgone: "Le condizioni lavorative sono nettamente migliorate"

Parla l’ex ciclofattorino: "Ero sfruttato e senza tutele. Meglio diventare driver"

Giuseppe Di Maggio per quasi sei anni ha portato cibo a domicilio a bordo del suo scooter. Da un mese fa consegne per Amazon: "Le condizioni lavorative sono nettamente migliorate".

Milano – Pensava che sarebbe stata la grande occasione della sua vita. Che avrebbe avuto la libertà di organizzare il lavoro a suo piacimento. E a un certo punto, all’epoca delle restrizioni pandemiche, quando sfrecciava intrepido nella città fantasma, si è sentito quasi un eroe a furia di ascoltarlo nei tg. Poi, però, è arrivato inesorabile lo schiaffo della realtà: "Erano solo begli slogan tirati a lucido. Il lavoro da rider è una trappola, per questo ho detto addio" dice Giuseppe Di Maggio, milanese di 47 anni. Di Maggio ha iniziato a fare consegne di cibo nel 2018 e fino alla fine del 2023 ha collaborato con le principali piattaforme di delivery. Aveva pure ingaggiato un’epica battaglia legale (sfociato poi in un accordo stragiudiziale) in nome dei diritti, ottenendo a febbraio 2023 a suo favore "la prima sentenza di secondo grado in assoluto, in Italia, che conferma i diritti da lavoro dipendente per un fattorino" aveva precisato Uiltucs.

Da poco più di un mese Di Maggio opera sempre nel mondo delle consegne ma a bordo di un furgone per una società che lavora per Amazon. "Un ritorno di fiamma, perché avevo lavorato più di dieci anni come corriere".

Un passo indietro. Quali erano le sue condizioni quando era fattorino del cibo?

"L’inquadramento era da lavoratore autonomo. Le spese vive del mezzo (come il carburante dello scooter) erano a mio carico, idem per tasse e contributi. Stando in ballo 12 ore al giorno fatturavo al mese 1.500 euro lordi ma in tasca mi rimanevano meno di mille euro al mese".

Altre criticità?

"La concorrenza sleale degli stranieri che lavorano con più account, accaparrandosi così più ordini, ma in modo illegale".

Qual è stata la sua ultima esperienza da rider?

"Con dipendente di Getir, il salario era più che buono (più di 1.600 euro per 40 ore settimanali). Purtroppo però l’azienda giusto un anno fa ha lasciato l’Italia. Io per portare a casa lo stipendio, avendo una moglie e due figli, mi sono messo a fare il messo comunale, poi il cuoco in una località al mare. Il corriere per Amazon lo faccio dal 17 luglio".

Non pensa di essere passato dalla padella alla brace?

"Le mie condizioni sono decisamente migliorate. Sono inquadrato come dipendente, con tutte le relative tutele legali, previdenziali e retributive. Lavoro 32 ore a settimana, da lunedì a venerdì, e tra bonus vari supero abbondantemente 1.500 euro. Per i pochi giorni lavorati a luglio sul conto corrente mi è arrivato un bonifico di circa 930 euro. Sono a tempo determinato fino a fine settembre ma l’orientamento dell’azienda, in prospettiva, è quello di assumere a tempo indeterminato".

Come la mettiamo col padrone-algoritmo?

"Mi occupo delle spedizioni espresse entro le 22 del giorno in cui si effettua l’ordine. La valutazione delle prestazioni esiste, inutile negarlo, ma la pressione non è minimamente paragonabile a quella dei rider. Non devo più “correre, correre, correre”. Adesso per dire siamo obbligati nelle aree del magazzino a non superare 15 chilometri orari di velocità ed è tassativo rispettare sempre il codice della strada".