ANDREA GIANNI
Cronaca

"Pronti a rifondare il partito nazista". Con 'Miss Hitler', armi e un mafioso

Milano, il pentito intercettato dalla Digos proponeva ai 19 estremisti di destra "di dare un segnale"

La Digos ha sequestrato materiale di propaganda

Milano, 29 novembre 2019 -  «Potremmo lanciare una molotov all’Anpi», di Milano o Genova. P.N., in una conversazione intercettata dalla Digos, proponeva di entrare in azione per dare «un segnale». L’esponente della ’ndrangheta, ex collaboratore di giustizia che durante processi contro la fazione stragista della sua organizzazione rivelò che «un agente del Sismi voleva far evadere Riina con l’aiuto dei clan», si offriva come addestratore del gruppo di 19 estremisti di destra finito al centro dell’operazione condotta dalla Digos di Enna che si è estesa anche in Lombardia.

A Pozzo d’Adda , nel Milanese, gli agenti hanno bussato alla porta di casa di F.R., 26enne che fu eletta «miss Hitler 2019», nel delirante concorso sul social network russo Vk. Nessun lavoro, sbarca il lunario con i soldi dell’assicurazione ricevuti dopo un incidente. Sfoggia, sulla schiena, un tatuaggio con l’aquila nera e la svastica, simbolo inequivocabile della sua fede politica. F.R.i è uno degli esponenti di spicco del gruppo di neonazisti, in contatto con la galassia nera in Europa. Lo scorso 10 agosto la ragazza è salita sul palco a Lisbona, rappresentante di Autonomia Nazionalista nella conferenza tra gruppi e gruppuscoli, infiammando il pubblico con i suoi strali contro gli ebrei. Voleva costituire «il Partito Nazionalsocialista Italiano dei Lavoratori», in una conversazione intercettata con un’altra indagata veneta discuteva delle varie cariche da assumere, da presidente a ideologo. Aveva agganciato sulle chat anche una donna milanese di 46 anni, B.G.C., madre di due figli, e un 41enne di Lacchiarella, G.F. Indagati, sarebbero figure marginali nell’inchiesta. Altre perquisizioni, in Lombardia, sono state eseguite tra Monza, Bergamo e Cremona.

Gli agenti della Digos di Milano hanno sequestrato due coltelli, tre telefoni cellulari, due computer e un tablet, diverso materiale d’area, un busto di Benito Mussolini, libri sul giudaismo e sul fascismo e una maglietta con la scritta “Soldato politico”. Un gruppo ramificato in tutta Italia, che si teneva in contatto attraverso una chat riservata battezzata “MIlitia”. Tra le conversazioni intercettate frasi choc. «Io sposerei un ebreo soo per torturarlo giorno dopo giorno», diceva una delle adepte del fürher. E ancora: «Solo a parlare dei giudei mi viene il prurito, brutte bestie vanno sterminati». Uno degli indagati prendeva di mira sui social anche le forze dell’ordine, calunniando agenti di polizia indicati con nomi e foto. Definiva l’omosessualità «l’anticamera della pedofilia» e stigmatizzava anche i processi educativi nei confronti dei figli da parte dei genitori di oggi, che giudica deboli e «impauriti da Telefono azzurro».

La 26enne F.R. se la prendeva, su Facebook, anche con Matteo Salvini: «Questa m... lo hanno paragonato al duce? Vergognatevi leghisti fate schifo». Ma le frasi più inquietanti sono quelle riferite a una presunta disponibilità di armi ed esplosivi. Referente di Forza Nuova per il ponente ligure, l’ex collaboratore di giustizia Pasquale Nucera vantava di essere in grado di «acquistare armi a un prezzo vantaggioso». Alludeva con altri all’intenzione di «sfornare soldati pronti a tutto». Nella strategia del gruppo c’era anche il progetto di una azione dimostrativa di basso impatto necessaria per dare un «segnale», come il lancio di una bottiglia incendiaria contro una sede Anpi di Milano o di Genova. Il salto di qualità che li avrebbe portati dai deliri sul web all’azione sulle strade.