"A volte è faticoso dire a un figlio certe cose a voce. Scrivetegli un messaggio, lasciatelo sotto il cuscino. Non vi dirà mai che lo ha letto, ma gli resterà scritto dentro". L’invito di Alberto Pellai, medico e psicoterapeuta dell’età evolutiva, arriva alla fine di un incontro voluto dal Comune e dall’azienda speciale consortile Comuni Insieme dopo la strage del 31 agosto. L’omicidio di Lorenzo, 12 anni, e dei genitori Daniela e Fabio per mano del 17enne Riccardo ha annichilito l’intera comunità e richiesto supporto nelle scuole e in città. Oltre duemila persone hanno partecipato in presenza e in streaming, con un collegamento diffuso che ha visto l’adesione anche di altri enti fino alla Liguria.
A fine serata il dottor Pellai ha letto la lettera scritta a suo figlio Pietro: anche nella sua classe è stato realizzato un intervento con specialisti Emdr, che si occupano di crisi a seguito di eventi traumatici. "Ragazzo mio, ti auguro che la vita sia generosa con te e soprattutto che tu sia generoso con la vita. Non credere che la felicità sia un diritto ma trasformala in un dovere costante verso te stesso e chi ti vive a fianco. Non smettere mai di cercarti nella tua interiorità. È lì che ti auguro di trovare la tua parte migliore. Quella parte amala e poi fanne dono alla vita. Scoprirai anche nelle sue rughe il senso di tutto. Impara l’amore e poi fanne dono. Tutto il resto verrà da sé".
L’unica possibilità per gli adolescenti di sentirsi protetti "è percepire che il mondo adulto è un porto sicuro", dice Pellai. "Ma per noi è difficile stare a contatto con la sofferenza dei figli, autorizzarli a essere tristi senza fargli pensare che sia un’emozione sbagliata. Piangere è parte della crescita, non deve spaventare. Abitare la vita significa stare dentro un principio di realtà fatto di bellezza e dolore, fatica e meraviglia". Realtà e desiderio sembrano svanire. "Vent’anni fa gli adolescenti stavano tanto sdraiati con un disco a guardare il soffitto, a pensare e desiderare. Un tempo solo apparentemente vuoto: è un’azione generativa e creativa con pensieri e progetti. È troppo importante che l’adolescenza sia il tempo in cui provo a immaginare chi voglio diventare e sperimentare chi voglio essere. Anche la narrazione di Riccardo ci dice che nel momento in cui prova a riconoscersi non sa più chi è e sente un dolore e un disagio che non sa maneggiare". La parola chiave, allora, è fiducia. "C’è bisogno di luogo sociale e di comunità: appartenere significa imparare a fidarsi e gli adulti devono essere base sicura di riferimento. Non possiamo cambiare quello che c’è stato. È accaduto. Ma l’adulto costruisce quello che vuole che ci sia, affidandosi alla speranza. Mette una luce davanti a una comunità che guarda avanti". La seconda parola chiave è "autonomia: arretrare dalle aspettative. Abbiamo la prima generazione ansiosa, che non esce nel mondo e rinuncia alla tensione desiderante anche perché è tanto spaventata dal fare errori e, quindi, dal sentirsi sbagliata".