Milano, 20 maggio 2024 – “Invece della pace, anche in Paesi di tradizione cristiana, c’è la guerra; invece che la comunione dentro le comunità cristiane, talora, sono più evidenti le tensioni, i puntigli, i personalismi". Nella domenica di Pentecoste l’arcivescovo di Milano Mario Delpini lancia un inno all’unità, alla pace contro "l’incomunicabilità" e il rischio che "ogni tradizione religiosa si chiuda in se stessa".
È al Giambellino, nella parrocchia del Santo Curato d’Ars, per la “Festa delle genti“, con le comunità cattoliche di diverse provenienze che lo accolgono tra gazebo colorati, bandiere, prodotti tipici, per una giornata di preghiera e convivialità, baciata dal sole.
Ci sono tantissimi fedeli filippini e latino-americani: accanto a loro cinesi, coreani, srilankesi, eritrei, copti, libanesi, albanesi. E, ancora, polacchi, rumeni e ucraini, cattolici francofoni e anglofoni. E parla in diverse lingue anche l’arcivescovo per fare arrivare forte il suo messaggio. "I discepoli di Gesù sono originali – sottolinea –: gli uomini e i popoli si dividono, i discepoli di Gesù sono radunati in unità".
"Dobbiamo però riconoscere che l’originalità cristiana è in pericolo – spiega –: la conformazione alla mentalità mondana e le rivalità tra le caratteristiche delle persone e dei popoli è una tentazione insidiosa fin dall’inizio della storia della Chiesa". Ma "ogni carisma è un dono, non un motivo di vanto, ma un seme di gratitudine. Rendiamo grazie per riconoscere i doni che ogni lingua, popolo, nazione, ha ricevuto. Grazie! Thanks! Gracias! Merci".
"Abbiamo bisogno gli uni degli altri. Nessuno basta a se stesso", ribadisce l’arcivescovo. "In che modo la mia cultura, la mia lingua, la mia vita arricchisce la Chiesa, questa Chiesa in cui vivo, prego, amo, soffro? Eccomi! Estoy aqui! Here I am! Me voici", conclude Delpini.