Sono onnipresenti nelle piazze, nei parchi e per le strade. Tutti i milanesi le conoscono da quando hanno memoria: sono le vedovelle di Milano. Cioè le tipiche fontanelle diventate ormai uno dei simboli più iconici della città, tanto da essere state riprodotte in Lego ed esposte alla Centrale dell’Acqua.
Progettate e costruite dalle fonderie Lamperti, al confine tra Legnano e la provincia di Varese, sono da sempre realizzate allo stesso modo: un metro e 55 di altezza, colore verde, corpo in ghisa, rubinetto in ottone a testa di drago ispirato al biscione dei Visconti e, infine, adornate con lo stemma della città.
Dalla forma del rubinetto e dalla tinta prendono anche il soprannome “draghi verdi”, ma la maggior parte dei milanesi le chiama “vedovelle”. L’origine di questo nome è dubbio, secondo alcuni furono chiamate così per ricordare il pianto delle vedove che avevano perso i mariti durante la Prima guerra mondiale. Per altri invece dipende dal flusso incessante d’acqua che sgorga dal loro rubinetto, simile a quello di una vedova inconsolabile.
Benché a qualcuno questo filo d’acqua costante possa sembrare uno spreco, in realtà ha la funzione di mantenere l’acqua in movimento e, alla fine, viene impiegata dai consorzi agricoli per l’irrigazione dei campi a sud della città. In tutta Milano sono più di 400 e c’è persino un sito che le ha mappate tutte, indicando la loro posizione a tutti gli assetati. D’altronde, com’è uso dire tra i milanesi, “andiamo a bere al bar del drago verde”. Tanto è gratis.