Milano - A rovinare la poesia dei ciliegi in fiore e del ronzio che sembra dare il benvenuto alla primavera è una spada di Damocle sempre più vicina. Una minaccia annunciata negli anni scorsi e ora concreta, dopo lo sgombero degli insediamenti abusivi avvenuto lo scorso lunedì per fare largo alla futura riqualificazione di piazza d’Armi, l’area di oltre 600mila metri quadrati un tempo di proprietà di ministero della Difesa e Agenzia del Demanio, trasferita nel 2016 al fondo I3-Sviluppo Italia-8 quater gestito da Invimit tra le vie Mazzarino, Domokos, Olivieri e Forze Armate. Oltre una porticina verde affacciata su via Domokos resta lei: Honorata, detta Nenè, Sombillo, originaria delle filippine, a Milano da 20 anni, che porta avanti l’attività del marito Salvatore Minniti, l’apicoltore urbano 'figlio d’arte' che per decenni si è occupato di quel giardino segreto ritagliato tra i fazzoletti di terra di piazza d’Armi, prima di andarsene a novembre del 2018. "Un brutto male gli ha impedito di compiere 70 anni", racconta Nenè. "Ma da lui ho imparato bene".
Cammina con sicurezza tra gli alveari ("ce ne sono cento"), controlla le api, provvede alle loro necessità. Soprattutto: produce il miele "che mattino vendo nei mercati rionali". Sì: in viale Papiniano, in via Moretto da Brescia, in viale Cermenate, in via San Marco e in via Marco Aurelio approda il miele di piazza d’Armi. "Non mandateci via. Questa è la casa delle api", implora. E ce ne sono centinaia di migliaia. Nenè non è proprietaria dello spazio "ma con mio marito abbiamo sempre tenuto tutto in ordine e garantito sicurezza". Al suo fianco, l’avvocato Vincenzo Blaga.
Uno spiraglio c’è: "Invimit – spiega il legale – si è detta disponibile a consentire la permanenza della signora Sombillo in quel terreno, senza quindi spostare le arnie altrove, e anche a destinare lo spazio ad attività didattiche. Non abbiamo però, ancora, nessuna formalizzazione scritta".