ANNAMARIA LAZZARI
Cronaca

Immensa piazza Duca d’Aosta, da Biondillo alla nuova vita di Sherif: “Questa zona a qualcuno fa paura, a me ha dato tutto”

Milano, viaggio nella piazza davanti alla Centrale partendo dalla citazione del primo libro sull’ispettore Ferraro

Piazza Duca d'Aosta (Foto Davide Canella)

Piazza Duca d'Aosta (Foto Davide Canella)

Milano – “Si ricordò di quella bella giornata di primavera, dell’enormità della piazza di fronte la stazione e della gente, le persone, i tram e tutto il resto. Camminò e camminò fino allo sfinimento. Girò tutta la città per quasi l’intera giornata. L’aria era pulita, il cielo terso, il sole scaldava la pelle, all’orizzonte si vedevano le montagne, parevano una muraglia, bastavano pochi passi e si potevano toccare. Ovunque era frenesia, ovunque erano cantieri. Milano gli piacque subito, capì all’istante che lì avrebbe vissuto per tutta la vita”. Come succede al fruttivendolo don Ciccio che veniva “da un paesino dimenticato da Dio e dagli uomini nel buco del (…) del mondo”, ritratto da Gianni Biondillo nel suo romanzo “Per cosa si uccide: Un caso dell’ispettore Ferraro”, piazza Duca d’Aosta è spesso il primo punto di approdo per chi nella metropoli arriva per lavorare, studiare, realizzarsi.

Sherif Fawzy, edicolante di piazza Duca d'Aosta (Foto Davide Canella)
Sherif Fawzy, edicolante di piazza Duca d'Aosta (Foto Davide Canella)

L’edicolante e le piramidi

Sherif Fawzy, 32 anni, fa l’edicolante nella piazza di fronte alla Stazione: "Vengo da uno sperduto villaggio del governatorato egiziano di al-Qalyubiyya. Ho iniziato a lavorare nei ristoranti a 13 anni, dentro ai villaggi turistici di Sharm El Sheikh. Me ne sono andato via dal mio Paese per lo stesso motivo per cui lo fanno tutti: avere un futuro migliore. Quando sono arrivato a Milano, a 23 anni, non avevo nulla, a cominciare da un tetto sopra le testa. Ho iniziato facendo le pulizie delle vetrine proprio di quest’edicola. Con sacrificio e impegno sono stato promosso prima dietro il bancone fino a diventarne socio. Lo scorso maggio ho pure aperto un altro chiosco qui vicino, in piazza IV Novembre. Io mi sento italiano e fra un anno finalmente, quando mi arriverà la cittadinanza, sarà scritto sui documenti. Questa zona a tanti fa paura, a me ha dato tutto. E poi c’è la stazione più bella del mondo, così gigantesca da ricordare le Piramidi”.

Stazione da record

“Di faraonica monumentalità” parlano anche Roberta D’Adda e Massimo Zanella nella loro colta guida sulla città, uscita per Skira. Principale stazione ferroviaria del capoluogo lombardo, seconda in Italia per flusso di passeggeri dopo Roma Termini, fra le principali d’Europa, la Centrale venne progettata da Ulisse Stacchini nel 1912 secondo uno stile che mescola liberty e tardo eclettismo. La facciata rivestita da pietra d’Aurisina, con due ali laterali, e l’avancorpo centrale, aperto da tre ampi varchi e ornato in alto da due cavalli alati, è lunga 207 m e alta fino a un massimo di 50 metri. L’iscrizione in cima ricorda l’inaugurazione “nell’anno MCMXXXI dell’era di Cristo”. Che poi è il 1931, era fascista.

Dalla California

Il gigantismo architettonico del complesso tende a sfuggire ai milanesi che attraversano la piazza in tutta fretta. Ma non ai turisti che si fanno fotografare sullo sfondo un po’ da mausoleo. “A me ricorda Grand central a New York” dice Laurence McKinney dalla California. La più gettonata per i selfie però è la gigantesca mela: scambiata erroneamente per un tributo al marchio Apple, è opera d’arte di Pistoletto.

Artista di strada

In piazza Duca d’Aosta transitano turisti ma c’è anche chi ci lavora. Come il francese Michel Diamante, artista di strada di 33 anni. “Un tempo lavoravo come ballerino per la tv commerciale. Poi le cose sono cambiate dopo il 2015. Adesso mi esibisco dove c’è un forte passaggio, qui è più bello perché ti fanno complimenti persone da tutto il mondo. Insegno difesa personale, anche». Il bicchiere è mezzo pieno: «Io con le mie passioni ci campo”.

Skaters in piazza Duca d'Aosta (Foto Davide Canella)
Skaters in piazza Duca d'Aosta (Foto Davide Canella)

Basta cucina, meglio lo skate

Che è il sogno pure di “Filo”, uno dei tanti skater che rotolano e ruzzolano davanti alla stazione. Quelli che “vivono come monaci zen nella loro bolla protettiva, mentre tutto attorno si sviluppa il caos” scrivono Giancarlo Ascari e Matteo Guarnaccia. “Non c’è una crew, qui ciascuno bada a sé” concorda “Filo”, nome non di battesimo, 25 anni, a spasso, come si dice. Si è appena licenziato da un ristorante milanese dove faceva il tuttofare nel senso più letterale che si possa immaginare. “Ero lavapiatti, aiuto cuoco, chef, cameriere, giardiniere. Portavo a casa fra 900 e mille euro. Uno sfruttamento colossale. E così a un certo punto, dato che c’è un limite alla propria capacità di inghiottire vergogna, ho sbattuto la porta. Preferisco concentrarmi sulla composizione musicale. Il mio genere? Faccio un po’ di tutto: indiana, soul, jazz, techno... Meglio provarci a sfondare con la musica che fare lo schiavo. Del resto se non tento di realizzarmi qui, a Milano, in quale diavolo di altra città potrei provarci?”.