SIMONA BALLATORE
Cronaca

Dal jazz ad Auschwitz, andata senza ritorno: sulle tracce di Renato Levi e dell’amico Ezio

Milano, il musicologo del Conservatorio Luca Bragalini ha ricostruito le vicende di Renato, arrestato nel ‘43 e mai più tornato, e dell’amico che invece trovò rifugio oltre oceano. Per loro e per i loro familiari sparsi per il mondo, un concerto-conferenza

Luca Bragalini con i parenti di Renato arrivati da tutto il mondo e la pietra d'inciampo (foto Ansa/Salmoirago)

Luca Bragalini con i parenti di Renato arrivati da tutto il mondo e la pietra d'inciampo (foto Ansa/Salmoirago)

Milano – La posa dell’ultima pietra d’inciampo - in via Fatebenefratelli 12 - è accompagnata dalla musica: è la chiusura di un cerchio. In quel civico, in una palazzina che non c’è più, è nato Renato Levi, intellettuale, editore, importatore di musica jazz, proprietario di un negozio di dischi a due passi dalla Scala. Fino alle leggi razziali, fino all’arresto nel dicembre 1943 e alla sua partenza dal Binario 21. Non ha fatto più ritorno da Auschwitz. Per troppi anni Milano l’ha dimenticato.

Ottant’anni dopo, un musicologo del Conservatorio di Milano, Luca Bragalini, non solo è riuscito a ricostruirne la storia - documento dopo documento - mettendosi sulle tracce anche del suo amico jazzista Ezio Levi, ma ha unito le due famiglie, che sono arrivate da tutta Italia, da Parigi, dalla Svizzera e persino da Sydney e Londra per ricordarli. “Incredibilmente tutti i parenti dei due Levi si troveranno per il concerto-conferenza di lunedì: è commovente”, conferma Bragalini, che aveva presentato i primi risultati un anno fa.

La sua inchiesta ha portato alla posa della pietra d’inciampo, mentre le indagini continuano. “Le ultime risalgono a poche ore fa, alle 20 di ieri (mercoledì, ndr). Ho scoperto che l’ultima persona che ha visto vivo Renato Levi, prima che partisse per Auschwitz, è stato Natale Gallini – racconta Bragalini –: le ricerche mi hanno condotto dai nipoti. Gallini era un musicologo e uno dei maggiori collezionisti al mondo di autografi di Verdi e di strumenti musicali. Basti pensare che la collezione del Castello Sforzesco deve tanto ai suoi lasciti”.

Dai ricordi incrociati di due nipoti - e ci sarebbe anche una busta con la ricevuta di una coperta a San Vittore a confermarlo - Gallini cercò di raggiungere Renato, appena incarcerato, per portargli cibo e lenzuola. “I nipoti ricordano che il nonno parlava spesso di Renato Levi e aveva raccontato loro che quel giorno Renato gli aveva passato un biglietto. Le guardie lo avevano visto e Natale lo aveva inghiottito, ma era stato trattenuto per una notte in carcere”.

Fu l’ultimo che lo salutò. Dopo ottant’anni a un altro musicologo il compito di fare riemergere Renato dall’oblio e di salutarlo in musica. “Per me è stato davvero toccante – confessa Bragalini –: avevamo già pensato, dopo gli interventi delle autorità e dei famigliari di Renato, di dare alla musica la parola finale. Dopo questa scoperta ha tutto ancora più senso”. 

La storia di Renato e quella di Ezio - centrali per l’affermazione del jazz a Milano negli anni Trenta - saranno raccontate e musicate lunedì in Sala Verdi, con le ultime scoperte: già in 1.500 si sono iscritti. “Un segnale importante in questo periodo storico”, sottolinea Bragalini, che ha scoperto anche delle composizioni di Ezio Levi che non sono state mai pubblicate prima, e che saranno suonate per la Giornata della Memoria. Anche Ezio, infatti, fu costretto a lasciare Milano a causa della promulgazione delle leggi razziali: trovò riparo prima negli Stati Uniti e poi in Perù. La traversata atlantica coincide con la fine del suo sogno di diventare musicista. In città aveva anche fondato il Circolo Jazz Hot Milano, uno dei primi jazz club d’Italia. Le sue note torneranno a farsi sentire con la Verdi Jazz Orchestra e il direttore e compositore Pino Jodice, che ha creato una pagina musicale per lui. L’iniziativa è promossa dal Conservatorio Verdi e dall’Associazione Figli della Shoah.