STEFANO PILLITTERI
Cronaca

Pignoramento di stipendio e conto corrente: come difendersi

Non è possibile aggredire il debitore su entrambi i fronti per lo stesso debito: la legge prevede un “minimo vitale” impignorabile che è pari all’assegno sociale moltiplicato. Ma a chi ha partita Iva il fisco può portare via tutto. Risponde ai dubbi l’avvocato Stefano Pillitteri

Gli sportelli di una banca. Pignoramento del conto corrente dopo quello dello stipendio: il fisco può farlo a fronte di un debito anche imponente? (Foto d’archivio)

Gli sportelli di una banca. Pignoramento del conto corrente dopo quello dello stipendio: il fisco può farlo a fronte di un debito anche imponente? (Foto d’archivio)

Milano, 20 febbraio 2025 – Mi scrive un lettore che ha appena subito il pignoramento dello stipendio da parte di una finanziaria con cui aveva sviluppato un forte arretrato ed è preoccupato che possa pignorargli anche il conto corrente e mi chiede se sia possibile. La risposta è no. Nella misura in cui su quel conto confluisce il solo stipendio (e non altre rendite come eventuali canoni di locazione) si tratterebbe di una duplicazione.

Non è possibile aggredire il debitore su entrambi i fronti per lo stesso debito. Ma se anche ci fossero altri creditori è ben difficile che opterebbero per il pignoramento del conto corrente. Non solo è soggetto, come per lo stipendio, al limite del quinto. Ma soggiace anche ad altri limiti.

Cosa prevede la legge

La legge, infatti, prevede un “minimo vitale” impignorabile che è pari all’assegno sociale moltiplicato per tre, ovvero 1.616,04 euro (538,68 x 3). Solo la quota che eccede può essere pignorata. Dunque molto più proficuo aggredire direttamente la busta paga con un pignoramento presso terzi al datore di lavoro. Se poi il creditore è l’agenzia delle entrate scattano ulteriori limiti.

Fatta salva l’intangibilità del “minimo vitale” il fisco può pignorare la quota eccedente per un decimo se l’importo non supera i 2.500 euro mensili per un settimo se il reddito mensile è tra 2.500 e 5.000 euro e per un quinto (come per tutti gli altri creditori) solo se supera i 5.000 euro.

Tutto questo vale esclusivamente per stipendi e pensioni. Si sa, del resto, che l’Italia non è un paese per lavoratori autonomi.

Il fisco, le partite Iva e le ditte individuali

Nel loro caso, infatti, la legge non prevede nessun limite. Nemmeno il minimo vitale (che potrà essere stabilito solo dal giudice). Nel caso di partite Iva, ditte individuali ecc. il fisco non solo può prendersi tutto ma ha anche accesso in tempo reale alle banche dati bancarie. E dunque può anche sapere tutto, e “in diretta”, delle giacenze sul conto corrente.

Se hai dei quesiti da sottoporre all’avvocato scrivi a: avvocatorispondi@gmail.com