Pioltello, 17 marzo 2024 – La scuola di Pioltello che porta il suo nome è al centro delle polemiche. L’istituto Iqbal Masih, infatti, dove la maggioranza degli studenti viene da famiglie musulmane, resterà chiuso per la fine del Ramadan. Una scelta che ha a che fare con motivi pratici, oltre che legati al credo dei ragazzi, come spiegato dai dirigenti scolastici. E che, però, non ha mancato di suscitare polemiche.
Chi è Iqbal Masih
Iqbal Masih è stato una ragazzino pakistano, morto a 12 anni nel 1995. A lui sono stati dedicati libri (in Italia c’è “Storia di Iqbal” di Francesco D’Adamo) e film, come “Iqbal – bambini senza paura”. La sua è una storia di riscatto e impegno, conclusasi tragicamente.
Iqbal iniziò a lavorare quando aveva appena quattro anni, in una fornace. A cinque anni il padre lo vendette a un produttore di tappeti per pagare un debito, contratto per sostenere le spese necessarie a organizzare le nozze di una delle sorelle di Iqbal.
Da allora fu costretto a lavorare fino a dodici ore al giorno, incatenato a un telaio, senza poter andare a scuola o giocare.
La fuga e l'impegno
Nel 1992 riuscì a fuggire, insieme ad altri ragazzi della fabbrica, per partecipare a una manifestazione organizzata per chiedere una legge che abolisse il lavoro minorile. Ritornato al lavoro, si rifiutò di continuare nella sua fatica quotidiana, nonostante le botte. Successivamente fuggì dal paese dove viveva con la famiglia, venendo ospitato in un ostello gestito da un’organizzazione sindacale e riprendendo a studiare.
Dal 1993 iniziò a girare il mondo per raccontare la sua storia ed esortare la autorità a lavorare perché la pratica del lavoro minorile venisse azzerata. Ricevette premi, partecipò a manifestazioni di lavoratori e incontrò leader.
La scomparsa
La sua morte, avvenuta il 16 aprile 1995, è tuttora avvolta nel mistero. Sulle prime si disse che venne colpito da un tossicodipendente. Poi si diffuse la voce di una lite con un agricoltore del posto.
Il sindacato a cui si era appoggiato, però, non cessò di accusare la cosiddetta “mafia dei tappeti”, ovvero i gruppi di potere dell’industria tessile locale che non avevano digerito l’attività di Iqbal.