MARIO CONSANI
Cronaca

Pioltello, maxiprocesso sul disastro: duecento persone nell’aula della Fiera

Tre morti sul regionale Cremona-Milano, uscito dalle rotaie con a bordo 350 pendolari. Gli spazi del Tribunale di Milano non bastano per ospitare tutti

Il disastro ferroviario di Pioltello

Milano, 26 settembre 2020 - Il debutto sarà lunedì 16 novembre nella nuova “aula Fiera“ del tribunale, allestita in zona Portello. Nell’inedito spazio realizzato per rendere possibili i maxi-processi in tempi di virus, davanti al giudice Anna Magelli sono attese almeno 200 persone tra imputati, parti lese e avvocati.

Quel giorno, a quasi tre anni dalla tragedia del treno deragliato a Pioltello la mattina del 25 gennaio 2018 con tre passeggere morte, si apre l’udienza preliminare che vedrà alla sbarra nove tra dirigenti, manager e tecnici di Rete ferroviaria italiana (Rfi) oltre alla società stessa che si occupa della manutenzione delle linee. Il regionale Cremona-Milano Garibaldi delle 5.32, con a bordo 350 pendolari, si fermò definitivamente a Pioltello quella mattina fredda di quasi tre anni fa. Nel deragliamento, provocato dal distacco di un pezzo di rotaia lungo 23 centimetri, morirono tre persone e una cinquantina rimasero ferite. Le prime due vetture con il macchinista proseguirono la corsa per qualche decina di metri, la terza si schiantò contro un palo. Dopo oltre due anni di indagini e una serie di consulenze tecniche, la Procura nell’ottobre di un anno fa chiuse l’inchiesta imputando la cattiva manutenzione dei binari ai nove dipendenti di Rfi. A fine luglio scorso, la richiesta di rinvio a giudizio per quei nove tra cui l’ex ad Maurizio Gentile.

Nell’istanza firmata dai pm Maura Ripamonti e Leonardo Lesti, i reati contestati a vario titolo sono disastro ferroviario colposo, omicidio colposo e lesioni colpose plurime. Richiesta di archiviazione è stata invece avanzata a suo tempo non solo per due dirigenti di Trenond e per la stessa società, responsabile per la manutenzione dei treni, ma anche per Amedeo Gargiulo all’epoca direttore dell’Agenzia nazionale per la sicurezza delle ferrovie e per il suo vice Giovanni Caruso. Su queste richieste, il gip non ha ancora deciso. Stando invece alle imputazioni, i dirigenti di Rfi non avrebbero messo "a disposizione dei lavoratori di Trenord srl e di tutti i viaggiatori dei treni" di quella linea "attrezzature idonee ai fini della sicurezza", senza garantire così "che l’infrastruttura fosse mantenuta in buono stato di efficienza per la sicura circolazione". Già la maxi relazione dei consulenti della Procura, depositata nel marzo 2019, aveva chiarito che il disastro ferroviario fu causato dallo "spezzone di rotaia" che si fratturò nel cosiddetto "punto zero" per "un danneggiamento ciclico irreversibile generato da condizioni di insufficiente manutenzione". E che "l’assenza dei controlli ultrasonori" non aveva consentito di monitorare la "progressione irreversibile del danneggiamento del giunto" in quel punto, una giuntura mai cambiata malgrado il problema fosse noto almeno da 11 mesi. Dalle consulenze non emerse invece alcun difetto nella manutenzione del treno né nel comportamento di macchinista e capotreno. Anche se risultò che, dopo l’impatto, ad azionare il freno d’emergenza fu un passeggero della terza carrozza più o meno 300 metri dopo la fine della banchina della stazione di Pioltello. Ma ormai il treno era spezzato in due.