
Marco Tronchetti Provera, vice presidente esecutivo del gruppo Pirelli
Milano – Che la geopolitica condizioni anche gli assetti delle multinazionali non è una novità, ma il punto è da che parte le aziende scelgono di posizionarsi – laddove costrette – nello scacchiere internazionale. La notizia, nell’aria già da tempo, è che Pirelli, storica impresa milanese di pneumatici, si è ufficialmente liberata dal controllo cinese, segnando una svolta nella governance della società.
Il 28 aprile, il consiglio di amministrazione ha infatti approvato il bilancio 2024 dichiarando formalmente che la multinazionale cinese Sinochem, attraverso la controllata Marco Polo Italy, non esercita più il controllo su Pirelli ai fini contabili. Nonostante la società statale cinese detenga ancora una quota del 37 per cento della proprietà, quindi, non controlla più l’assetto strategico dell’azienda.
Questa decisione è stata presa in seguito a tensioni tra gli azionisti cinesi e italiani, in particolare riguardo all’influenza di Sinochem e al suo impatto sui piani di espansione di Pirelli negli Stati Uniti. La votazione è stata approvata a maggioranza, con l’opposizione di cinque consiglieri cinesi – Jiao Jian, Chen Aihua, Zhang Haitao, Chen Qian, Fan Xiaohua – e un’astensione, evidenziando la ben nota spaccatura all’interno del consiglio di amministrazione.
Effetti del “Golden Power”
Il cambiamento è stato influenzato anche dall’intervento del Governo italiano, che ha esercitato il “Golden Power” per limitare l'influenza di Sinochem. Questo strumento giuridico serve a tutelare le risorse strategiche nazionali da acquisizioni estere che potrebbero compromettere l’interesse nazionale, e nel caso di Pirelli si è concentrato sulla rilevanza tecnologica dell’azienda, in particolare nello sviluppo di pneumatici ad alta tecnologia e della piattaforma “Cyber Tyre”, un sistema tecnologico capace di raccogliere dati e informazioni dai sensori negli pneumatici.
Le misure adottate prevedono che Sinochem si astenga da qualsiasi forma di direzione e coordinamento della società Pirelli e non fornisca direttive ai membri del consiglio di amministrazione nominati nelle proprie liste.

Riallineamento americano
Ma la questione è anche un’altra: il ridimensionamento del socio cinese è ritenuto dagli altri altri azionisti, in particolare dalla holding Camfim di Marco Tronchetti Provera (che detiene il 26,4 per cento della proprietà), necessario per adeguare la produzione a una norma entrata in vigore nei giorni scorsi negli Stati Uniti che vieta, per ragioni di sicurezza, la vendita di tecnologie cinesi per i cosiddetti “veicoli connessi”. Gli Stati Uniti rappresentano per Pirelli un mercato cruciale, soprattutto per il segmento “High Value” di pneumatici di fascia alta.
Il riallineamento verso l’asse statunitense di Tronchetti Provera si era già manifestato alcuni giorni fa: “Quando diciamo – aveva detto – che siamo o non siamo d’accordo con Donald Trump, dimentichiamo che, piaccia o no, è il presidente degli Stati Uniti, una grande democrazia che ha leve tecnologiche, militari, monetarie che la rendono una potenza unica”.
Cosa succede ora?
Pirelli, a seguito di questa decisione, non è più considerata sotto il controllo di alcun soggetto. Il management ha sottolineato che questa mossa è solo il primo passo: si aprirà ora una fase di riorganizzazione della governance per assicurare piena conformità alle regole internazionali e ridurre eventuali rischi di restrizioni commerciali o sanzioni, specialmente da parte degli Stati Uniti, che sono estremamente sensibili alla proprietà estera nelle filiere tecnologiche avanzate.