di Marianna VazzanaMILANO"Ho 27 anni, sono del Mali. Ora sto andando al lavoro, ad Abbiategrasso". Dal quartiere Niguarda raggiungerà la stazione ferroviaria con il suo monopattino elettrico. Dopo, farà lo stesso viaggio al contrario. Ma non ha una casa da cui partire e a cui tornare: il cancello che spalanca è quello della Piscina Scarioni, chiusa dal 2018 in attesa di riqualificazione e dallo scorso 26 ottobre occupata da una quarantina di senza dimora. Lavoratori stranieri precari: rider, magazzinieri, addetti alle pulizie che a Milano non possono permettersi un alloggio a prezzi di mercato e non hanno trovato alternative accessibili. Come questo ragazzo del Mali. Il rifugio l’hanno trovato nel centro balneare dismesso, supportati dalla rete solidale “Ci siamo“. Qui vivono facendo i conti con il freddo pungente. Uomini e donne. La novità è che ora, dopo gli interessamenti istituzionali, si stanno mettendo in pratica "soluzioni per rispondere al bisogno abitativo di queste persone" fa sapere Stefano Indovino, presidente del Consiglio di Municipio 9. "Frutto di un lavoro portato avanti dal Comune e dallo stesso Municipio. Nei giorni scorsi, subito dopo Natale, alcuni sono stati accolti nei dormitori. Una donna che ha partorito ha avuto un alloggio d’emergenza. Soluzioni-ponte, nell’ottica di trovare sistemazioni dignitose per tutti anche con il supporto di cooperative, da un lato, e di riprendere l’iter per la riqualificazione della piscina Scarioni, dall’altro".
La storia parte da lontano: per 6 anni il gruppo di “senza casa“ ha avuto come base gli ex bagni pubblici comunali di via Esterle, in zona via Padova, occupandoli fino al 29 agosto del 2023, quando gli spazi sono stati liberati e consegnati alla Casa della Cultura musulmana in vista della realizzazione della prima moschea autorizzata della città. A quel punto i lavoratori, sempre con la regia della rete “Ci siamo“, si sono spostati in via Fracastoro 8, tra le zone di Gorla e di Crescenzago, occupando un capannone industriale in disuso, di proprietà privata. "Vi abitano un centinaio di persone – era l’aggiornamento di un anno fa – che in questi ultimi anni non sono riuscite a trovare in affitto nel libero mercato un appartamento o una stanza in condivisione a causa dei costi sempre più elevati, delle garanzie richieste dai proprietari al momento del contratto, che molti immigrati con lavori a tempo determinato e basso reddito non riescono a dare, oltre a forme sempre più diffuse di razzismo e discriminazione".
L’occupazione è andata avanti fino allo scorso 19 settembre, quando un incendio divampato tra quelle mura ha reso la struttura inagibile. Nessuno è rimasto ferito, ma 60 persone si sono trovate di nuovo senza un tetto. Quindi si sono trasferite in viale Sarca 183, nella stessa palazzina che per 20 anni è stata la sede del centro sociale “Casa Loca“, sgomberata per occupazione abusiva lo scorso 6 agosto e poi ri-occupata da “Ci siamo“ alla fine di settembre.
Invasione-lampo, perché il 2 ottobre, l’edificio di viale Sarca è stato nuovamente sgomberato. A quel punto, i lavoratori senza casa si sono accampati in piazza Leonardo Da Vinci. "Un mese dentro le tende, in mezzo al fango", il racconto dei diretti interessati. Finché il 26 ottobre è arrivata la decisione di spalancare i cancelli della Piscina Scarioni di via Valfurva 9. Da lontano si vedono spuntare gli striscioni appesi alle inferriate e sui balconi, tra cui: "Siamo lavoratori importanti per l’economia di questa città ma non possiamo avere una casa". Al loro fianco anche Unione Inquilini. Si sono impegnati per portare comunque calore, in un posto in cui di riscaldamento non ce n’è. All’ingresso spicca un albero di Natale con decorazioni colorate. Sul corrimano, stoviglie. "Perché qui mangiamo. Anche chi di noi è stato accolto nei dormitori, di giorno continua ad avere questo posto come punto di appoggio", spiega uno degli occupanti. Tra loro, un quarantenne del Mali racconta di essere al momento senza lavoro, "perché faccio il bracciante. Raccolgo frutta e verdura nei campi ma adesso, d’inverno, non ho alcun contratto. Aspetto la primavera". E tutti gli occupanti aspettano una sistemazione.
"Perché la struttura della piscina – scriveva il Municipio 9 nell’Ordine del giorno approvato lo scorso 5 dicembre (con 15 favorevoli, 10 contrari e due astenuti) non può in alcun modo rispondere a un bisogno abitativo. L’11 novembre è stato costituito presso la Prefettura un tavolo di lavoro" con gli assessori comunali competenti. Poi, prima di Natale, c’è stato un incontro ad hoc che ha portato all’accoglienza di parte dei lavoratori in dormitori o altri luoghi. "Dopo lo “sguardo sull’immediato“ – conclude Indovino – ci auguriamo si riprenda l’interlocuzione con la società “Go fit“ per la riqualificazione della piscina. L’auspicio è che i cantieri partano per l’inizio del prossimo anno".