
Turni sempre più pesanti per i pubblici ministeri
Mialno – In Procura è tutto un fuggi fuggi. Molti (virtualmente) in direzione Lodi, dove Maurizio Romanelli, magistrato antimafia e antiterrorismo di grande esperienza, da Milano è andato temporaneamente a dirigere la procura confinante. Solo in autunno, probabilmente, il Csm nominerà il nuovo capo di Lodi e in corsa ci sono molti milanesi: il procuratore aggiunto Laura Pedio, i pm Bruna Albertini, Grazia Colacicco (in lizza anche per un posto di “vice“ a Busto) ed Enrico Pavone.
Poi c’è un altro procuratore aggiunto che punta alla promozione: è Eugenio Fusco, oraa capo del dipartimento milanese che si occupa di truffe e reati informatici ma che vorrebbe guidare la procura di Verona, mentre il pm Stefano Civardi è in corsa per procuratore aggiunto a Pavia.
Poi sono in partenza per altri uffici Chiara De Iorio, che per anni ha coordinato il settore delle esecuzioni penali e la pm Monia Di Marco, mentre la numero uno dell’antimafia milanese, Alessandra Dolci vorrebbe andare alla Dda nazionale.
Un via vai di magistrati anche fisiologico, naturalmente. Non fosse che il buco negli organici della Procura di Milano sta diventando clamoroso: a un anno dall’insiediamento del nuovo capo Marcello Viola sono una ventina i sostituti mancanti (sugli 85 previsti nella pianta organica). Un vuoto mai toccato che supera il 20 per cento, cui vanno ad aggiungersi aspettative, maternità, incarichi vari di chi è formalmente in servizio ma non proprio a tempo pieno. E nuovi pm a breve ne arriveranno pochissimi (forse uno solo), perché di magistrati ne mancano 1.800 in tutta Italia, i concorsi hanno tempi lunghi e spesso lasciano vuoti tra i vincitori per carenza di candidati “idonei“.
Il problema però non tocca solo le toghe ma anche i cittadini. Infatti una Procura con questi vuoti in organico rende più difficili i turni e gli impegni dei pm in servizio e di conseguenza rallenta i tempi dei processi e del sistema giustizia, ce ne fosse bisogno. Questa che per i pm assomiglia a una vera e propria fuga dalla città, avrà certamente motivazioni personali e di carriera per molti di loro. Ma non c’è dubbio che segni anche una clamorosa inversione di tendenza nell’ “attrattività“ che una Procura (e forse una città) come Milano hanno tradizionalmente esercitato nei confronti dei magistrati.