SIMONA BALLATORE
Cronaca

La rettrice del Politecnico di Milano: “Con l’intelligenza artificiale abbiamo dimezzato gli abbandoni tra gli iscritti al primo anno”

La rettrice Donatella Sciuto: “In Italia solo un laureato su cinque in materie tecniche, ora un cambio di passo. Tutor e analisi dei dati, sperimentiamo l’IA da 50 anni”

Donatella Sciuto, origini varesine, 62 anni, ingegnera informatica, è stata eletta rettrice del Politecnico di Milano nel 2023

Donatella Sciuto, origini varesine, 62 anni, ingegnera informatica, è stata eletta rettrice del Politecnico di Milano nel 2023

“Solo uno studente su cinque si laurea in materie tecniche e scientifiche in Italia, un Paese che conta già pochi laureati. Dobbiamo fare capire ai giovani e alle famiglie che sono competenze-chiave per qualsiasi mestiere e professione, nella vita quotidiana e per un futuro sostenibile”. Donatella Sciuto, rettrice del Politecnico di Milano, si prepara a inaugurare la seconda edizione del Festival internazionale dell’Ingegneria, che da domani a domenica spalancherà le porte del Campus Bovisa con laboratori aperti e incontri.

Perché un Festival internazionale dell’Ingegneria a Milano?

“Milano è un punto di riferimento in tema d’innovazione. Esiste già l’Arch Week, siamo presenti alla Design Week. Mancava qualcosa dedicato alla tecnologia: abbiamo deciso di mostrare la parte più ingegneristica del Politecnico, con il claim “Tecnologie per l’umanità“. Siamo un’università internazionale, ci guida la responsabilità sociale: dobbiamo innalzare il livello di conoscenza della tecnologia perché è intorno a noi, ma troppo spesso non la capiamo”.

Come le ingegnerie possono aiutarci a intercettare le esigenze di un mondo del lavoro che cambia velocemente?

“Sono un fattore abilitante di qualunque tipologia di lavoro e attività produttiva, dall’automazione industriale alla space economy. Avremo bisogno di più professionalità che abbiano queste competenze, che servono alle aziende anche per essere più competitive, come risulta dall’ultimo rapporto Draghi sull’economia europea. Non ci sono abbastanza figure nell’ambito delle tecnologie informatiche, della cyber security, dell’intelligenza artificiale, ma mancano anche ingegneri civili, necessari per problemi legati alle infrastrutture, alla sostenibilità e all’ambiente”.

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Il Politecnico è un polo di ricerca sull’intelligenza artificiale: quando avete iniziato a studiarla? Quali le prospettive?

“Il primo laboratorio è stato aperto nel 1973 dal professore Somalvico: ha più di 50 anni. Abbiamo fatto in modo che fosse uno strumento trasversale. Attraverso il nostro centro di ricerca, aperto alle aziende, cerchiamo di aiutarle ad analizzare i possibili benefici e le opportunità di utilizzo. Credo che in futuro ci sarà bisogno di digital transformation officer in grado di capire le aree in cui è possibile implementare l’IA per una resa più efficace del lavoro”.

Si sta studiando come inserirla a scuola, anche se fa ancora un po’ paura.

“Noi utilizziamo l’intelligenza artificiale da anni per predire – dai segnali di debolezza – gli studenti che potrebbero essere in difficoltà e offrire loro strumenti utili: abbiamo dimezzato gli abbandoni al primo anno. Stiamo implementando l’utilizzo dell’IA per studiare meglio le materie e avere tutor che aiutino a trovare le informazioni, e testino se vengono capite”.

Da ingegnera e da sportiva, quanto la tecnologia può aiutare anche in questo ambito?

“Lavoriamo molto con lo sport: la Galleria del Vento è utilizzata da tanti sportivi per gli studi di aerodinamica o per testare i materiali migliori; l’ha utilizzata anche Filippo Ganna per preparare le sue imprese olimpiche. Abbiamo un laboratorio importante anche nel polo di Lecco e una parte fondamentale è legata agli atleti paralimpici per sviluppare e testare strumenti, protesi. Le interazioni tra sport e tecnologia sono sempre di più, non per barare ma per capire meglio i comportamenti, aiutare a migliorare le performance”.

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Il Festival vuole avvicinare alle ingegnerie anche i più piccoli. Con gli occhi di Donatella bambina, ricorda un’invenzione che è stata determinante per capire cosa avrebbe fatto da “grande”?

“Mio papà era un ingegnere elettronico, ho lavorato con lui senza saperlo, su schede molto primordiali per automatizzare la casa, come fossero Lego. Il ricordo di un’invenzione, in particolare, mi rimarrà per sempre. Se solo l’avessimo brevettata allora... Abitavamo in campagna, avevamo un giardino e un cane lupo, Chicco. Per potere andare in vacanza avevamo inventato una macchina con un timer che ogni giorno gli dava il cibo secco e con un altro sistema riempiva d’acqua la bacinella. Sono nata ingegnere elettronico, mi è sempre rimasta l’idea del progetto di sistemi completi sia hardware che software”.

E da ingegnera-rettrice cosa pensa di questa Milano apripista, che oggi conta cinque rettrici su otto atenei?

“In questo vedo due cose: le donne si sono candidate ed è un segnale; sono state più votate perché meritavano o il programma soddisfaceva gli elettori, in maggioranza uomini. Non penso che nessuna venga votata per il fatto di essere donna, ma perché ha proposte che risuonano rispetto alle esigenze delle università. Poi non basta essere elette, bisogna far bene e penso che questo avverrà senza problemi. Credo che per la città di Milano sia una vetrina della sua internazionalità e che possa essere da stimolo per le ragazze avere dei role model. C’è ancora un senso di inadeguatezza, si soffre ancora della sindrome dell’impostore”.

Come evitarla? Come invogliare le ragazze a superare i tabù verso le materie Stem?

“Tutti i bambini, maschi e femmine, devono essere esposti alla bellezza delle scienze. Le famiglie possono fare molto per abbattere gli stereotipi. Le donne che hanno fatto questo percorso, esponendosi, portano un messaggio importante, soprattutto le più giovani: al festival avremo anche Chiara Cocchiara, ingegnera spaziale e Young Space Leader 2020. Tutti devono poter partire dalla fiducia in sé stessi di potercela fare”.