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Nodo profughi, il prefetto: "Il codice penale non basta. Se ne esce solo stando uniti"

L’anno di Tronca fra sicurezza, Expo e tagli alla spesa di Stefania Consenti

Il Prefetto di Milano Francesco Paolo Tronca

Milano, 4 settembre 2014 - Prefetto Francesco Paolo Tronca, è trascorso un anno dal suo insediamento a Milano, il bilancio è positivo?  «Sì certamente. Ma prima desidero ricordare un importante anniversario. Ieri era il 3 settembre e questa data non può che riportarci alla memoria l’assassinio, per mano di mafia, di Carlo Alberto dalla Chiesa, che ebbi modo di conoscere, insieme alla signora Emanuela, quando ero un giovane funzionario della Prefettura di Milano. Come lui, io sono un uomo al servizio dello Stato, e in lui ho sempre ammirato il coraggio di osare facendo solo ed esclusivamente il proprio dovere, portando avanti la propria battaglia a testa alta, sempre attaccando il nemico al cuore. È questa l’importante testimonianza che la sua vita e il suo lavoro ci hanno lasciato. E che ho cercato di tradurre in pratica nel lavoro quotidiano, imparando ad agire per obiettivi e per risultati e, soprattutto, andando incontro alle esigenze dei cittadini. 

Come? «La Prefettura deve essere la casa dei cittadini e sin dal primo giorno ho dato disposizioni ai dirigenti di adoperarsi nell’ascolto. Anche quando le domande sono imprecise, anche quando le richieste esulano dalle competenze di questi uffici, le risposte devono esserci sempre e comunque. Il cittadino ha diritto e bisogno di parlare con lo Stato, e ha altrettanto diritto e bisogno di ricevere ascolto».

Questo è stato un anno difficile, segnato ancora dalla crisi e dalla necessità di contenere la spesa pubblica. Ha imposto una spending review anche a Palazzo Diotti? «Ho avviato un piano di riorganizzazione degli uffici della Prefettura trasferendo alcune funzioni in immobili di proprietà demaniale con l’obiettivo di risparmiare sui costi di locazione, troppo elevati per lo Stato. In particolare, gli uffici dell’Area IV, quella che si occupa di diritti civili, cittadinanza e immigrazione, prima nel palazzo di Corso Monforte 27, di proprietà di una società privata, adesso sono stati sistemati in un immobile demaniale moderno e confortevole, situato in un altro quartiere della città, facilmente accessibile ai cittadini, in via Servio Tullio (una traversa di viale Papiniano, ndr). Si eviteranno spiacevoli code agli sportelli, code ingiuste quando si tratta di ottenere il riconoscimento di un diritto. Un primo tassello. Ma a breve, a conclusione dell’operazione di riorganizzazione complessiva degli spazi, risparmieremo circa 1 milione di euro all’anno. Credo in un’amministrazione trasparente, ogni attività e ogni spesa va documentata. Anche il mio stipendio è pubblico, basta collegarsi al sito degli ministero dell’Interno». 

Milano è una città complessa. Un fronte sempre aperto è l’emergenza profughi, come viene affrontata? «Le emigrazioni sono fenomeni epocali: non si possono arginare con il codice penale nè dominare con atti d’imperio. Il flusso di profughi siriani ed eritrei, per i quali il capoluogo lombardo rappresenta solo un luogo di transito, è stato massiccio. Ciononostante, grazie all’impegno di tutti i soggetti coinvolti nel sistema di accoglienza, è stato possibile far fronte all’emergenza e al contempo sono state avviate importanti collaborazioni operative con il Comune. Una situazione veramente difficile da gestire, soprattutto per la carenza di strutture. La cosa più importante è che, nonostante le difficoltà e gli affanni, non ci siano mai state situazioni di allarme sociale. E questa è una medaglia da ascrivere alla città di Milano e alle sue istituzioni. Ma tutta l’Italia deve essere coinvolta per gestire accoglienza. Serve compattezza e sinergia tra le Istituzioni, solo così possiamo farcela». 

Che state facendo a proposito di sicurezza, per rispondere ad esempio all’impennata di borseggi in Stazione Centrale? «Per affrontare la situazione con interventi mirati bisogna sempre analizzare le problematiche del contesto sociale. Il Comitato per l’Ordine e la Sicurezza Pubblica se n’è occupato in ripetute riunioni, adottando misure di prevenzione e contrasto: è stata anche istituita l’Unità di monitoraggio permanente dedicata esclusivamente ai problemi della Centrale.  Ma i problemi non si risolvono in un giorno, ne riparlerò entro qualche mese, quando potrò analizzare i risultati dei nostri sforzi e delle strategie applicate».

Il cuore di Milano è nelle periferie, dolenti, dimenticate. «Anche qui bisogna lavorare per eliminare quelle condizioni oggettive e sociali che poi si trasformano in “humus” favorevole per la criminalità organizzata, criminalità che io intendo contrastare con la massima fermezza insieme alle Forze dell’Ordine e investigative, che qui a Milano ho trovato estremamente attive e professionali, ai massimi livelli.  Non devono esistere differenze fra centro e periferia. Milano è una città unica, unita e forte della propria dignità. E deve risplendere tutta».

Che città ha ritrovato? «Una Milano civile, ordinata, solidale. Migliorata rispetto ad undici anni fa. Mi colpisce il suo spirito, la sua dignità: è una città ottimista, dinamica, che non si lascia abbattere, nonostante ci siano tante situazioni di sofferenza e povertà, e che ha una grande voglia di ritrovare il suo ruolo di avanguardia culturale. Naturalmente c’è molto da fare ma gli aspetti positivi sono di gran lunga preponderanti anche sè è diventato un luogo comune dire che tutto va male». 

Inizia il conto alla rovescia per Expo 2015: cosa si aspetta? «Sarà una vittoria per Milano e per tutto il Paese, e rifletterà l’immagine di un’Italia pulita, orgogliosa e moderna». 

Quando si parla delle criticità legate all’organizzazione e alla gestione dell’Esposizione Universale, si pensa al pericolo di infiltrazioni mafiose. L’attenzione resta alta? «La Prefettura nell’ultimo anno ha lavorato molto per assicurare lo svolgimento dell’evento in tutta sicurezza. Sono stati costituiti ben 11 Gruppi di lavoro che mettono insieme le esperienze di tutti gli Enti a vario titolo interessati e che stanno provvedendo alla revisione dei diversi Piani d’emergenza, all’ottimizzazione delle risorse deputate al soccorso pubblico, alla predisposizione di una pianificazione unitaria e coordinata dell’area dell’Esposizione Universale e dei comuni su cui l’evento si realizza o comunque impatta, alla riduzione delle criticità, all’elaborazione di un sistema integrato di direzione e comando delle crisi. Bisogna pensare a tutti gli scenari che possono presentarsi in questi sei mesi. Senza considerare i dati, ormai noti, sulle interdettive, ben 43 finora. Altre istruttorie sono in corso, è un’attività che non si ferma».

Stefania Consenti