REDAZIONE MILANO

Prima della Scala, il baritono: "Sant’Ambrogio è una magia quest’anno ancora di più"

George Petean canterà un’aria del Ballo in maschera di Giuseppe Verdi

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Nella sua ultima apparizione alla Scala George Petean era Ezio e sfidava “Attila” nell’opera di Verdi, diretta di Riccardo Chailly. Un successo che aveva confermato l’eccellenza del baritono internazionale chiamato quest’anno per interpretare Henry in “Lucia di Lammermoor” poi cancellata. Simpatico e saggio, il cantante romeno si racconta in un perfetto italiano "E’ sempre una magia entrare alla Scala, a Sant’Ambrogio ancora di più. Qui hanno lavorato cantanti, compositori di ogni epoca, direttori d’orchestra. Ogni artista della musica sogna di essere il 7 dicembre a Milano". Domani canterà un’aria del Ballo in maschera di Giuseppe Verdi.

Come si è avvicinato al canto?

"Con naturalezza. Mamma è stata una ballerina classica, Alexandru Agache, mio fratello, vent’anni più di me, è baritono e ha cantato diverse volte alla Scala. In Romania ogni città ha una scuola pubblica di musica, un’amica di famiglia, insegnante di musica, ha suggerito di iscrivermi, ho studiato pianoforte, poi trombone. I miei genitori mi portavano ad ascoltare Alexandru, insieme abbiamo assistito a tante sue recite, così mi sono innamorato della lirica".

Cosa crede di aver ricevuto dal suo Paese?

"L’opportunità di studiare, erano gli anni del comunismo, ancora oggi le scuole sono statali e gratuite, il livello d’istruzione è alto. A Cluj-Napoca, mia città natale, c’è un’università importante, ci sono diversi luoghi per la musica, il Teatro d’Opera Nazionale Romeno e il Teatro d’Opera Ungherese, una Filarmonica, un’Accademia di musica che ospita recital di giovani solisti. Cluj-Napoca ha 300.000 abitanti, con la presenza degli studenti arriva a 700.000, non è una metropoli ma l’offerta di cultura è vasta e straordinaria. Sono cresciuto in un ambiente vivace, ho respirato la tradizione musicale romena che ha radici nell’Impero austroungarico".

E dall’Italia?

"Il piacere della lingua, l’incontro con Giorgio Zancanaro, mio maestro da 15 anni, uno dei miei più cari amici, a lui devo la conoscenza del Belcanto, la dizione italiana, mi ha aperto gli occhi sull’arte della lirica. Sono stato fortunato, ho incontrato spesso nella mia vita persone meravigliose, Giorgio è stato per me come un padre, è la mia famiglia italiana. Sono venuto per la prima volta in Italia nel 2000 invitato dal Teatro dell’Opera di Roma per “La Bohème dei Giovani” con me c’erano Rolando Villazon e Stefano Secco, due tenori eccellenti".

Quali compositori sono stati importanti per la sua carriera?

"Verdi, forse la mia voce non è nella tipologia verdiana, ma mi sento a mio agio in ogni suo ruolo, finora ne ho interpretati 14. Ho una tecnica adatta alla sua scrittura, non mi stanca, non la trovo difficile per le mie corde: è un balsamo per la mia voce. Verdi ha una flessibilità che parte dal Belcanto e continua con la drammaticità, la teatralità dell’opera moderna.

G.L.