Milano, 3 dicembre 2020 - Milano si prepara alla Prima della Scala. Ma quest'anno, nel giorno di Sant’Ambrogio, ovvero il 7 dicembre, non andrà in scena la tradizionale Opera prima, perchè annullata a causa delle misure intraprese per contrastare il contagio da Coronavirus. Tuttavia il Teatro non ha voluto rinunciare a celebrare un giorno così altamente simbolico sia per la scena artistica che per il Paese. La Prima, mai vista nella storia in questa veste, sarà un melting pot di lirica, effetti speciali, melodramma italiano, compositori stranieri, star della musica mondiale, attori di prosa e abiti griffati dai big dell’alta moda. 'A riveder le stelle', il titolo-auspicio della serata, che in epoca Covid si spoglierà di mondanità, paillettes e red carpet per farsi portavoce della cultura mondiale messa in ginocchio dalla pandemia: "Da qui lanceremo un messaggio di speranza, perché questa tragedia finirà e speriamo presto: continueremo a creare emozioni", ha detto il sovrintendente Dominique Meyer. La scelta di una messa in scena alternativa alla tradizione, deriva dalla forte volontà di non far saltare la serata, dato che, in precedenza, l’unica volta in cui la Prima è stata cancellata risale al 1943, durante la Seconda Guerra Mondiale.
Dietro ogni 7 dicembre c'è un grande lavoro di squadra
Lo spettacolo verrà trasmesso su Raiuno, Radio 3 e RaiPlay, con diretta dalle 17 (il sipario si alzerà alle 18) e conduzione affidata a Milly Carlucci e Bruno Vespa; le note del Piermarini arriveranno anche in Francia e Germania grazie a un accordo con Arte, con l’ipotesi di uno streaming mondiale a pagamento. Non ci sarà la Lucia di Lammermoor prevista alla vigilia: "Impossibile farla, dobbiamo tutelare la salute dei nostri dipendenti", ha spiegato il manager alsaziano, ricordando il focolaio che ha decimato il Coro (46 contagiati su 95) e l’importanza delle norme di sicurezza. Non ci sarà il pubblico, per ovvi motivi. "Contro natura e controvoglia, abbiamo cambiato rotta", la sottolineatura del direttore musicale Riccardo Chailly, che guiderà un’orchestra collocata su una pedana in platea. Al timone è stato chiamato Davide Livermore, che eguaglierà così il record di inaugurazioni consecutive in via Filodrammatici finora detenuto in solitaria da Margherita Wallman (dal ’57 al ’59): dopo i successi di Attila e Tosca, sarà ancora il regista torinese a curare l’allestimento, cercando di cucire al meglio i vari momenti senza interrompere l’unico "filo conduttore" che legherà tutto. Una sorta di flusso continuo di esibizioni, una "narrazione" arricchita e completata da immagini 3D, realtà aumentata e ambienti virtuali. I temi affrontati? Si parte con quello della maledizione nel preludio di Rigoletto (quello di Verdi sarà il repertorio più presente); poi si parlerà di critica al potere, deboli senza voce (tra scritti di Hugo e canzoni di Sting come Fragile) e ruolo della donna nella società. Fino "alla catarsi dopo la tragedia iniziale – per dirla con le parole di Chailly – alla gioia per la libertà riconquistata", con l’ouverture del Guglielmo Tell di Rossini.
E veniamo agli artisti: all’appello di Meyer hanno risposto in 24, da tutto il mondo. Eccone alcuni: Jonas Kaufmann e Anita Rachvelishvili, Juan Diego Florez e Lisette Oropesa (già scritturati per Lucia di Lammermoor), Placido Domingo e Francesco Meli, Roberto Alagna (che non mette piede alla Scala dal 10 dicembre 2006, quando svestì i panni di Radames dopo i fischi del loggione e abbandonò la scena) e Piotr Beczala (che dopo i buu della Traviata del 2013 promise di non tornare mai più a Milano). Senza dimenticare l’étoile Roberto Bolle.