Milano – Si chiama Marco Vizzardelli, ha 65 anni, è un giornalista che si occupa di cavalli ed equitazione ma è soprattutto un appassionato di musica e opera: “La metà della mia vita che non passo a seguire i cavalli, la passo a seguire la musica e la Scala”. Il loggionista Vizzardelli è diventato uno dei protagonisti della Prima del Don Carlo. Il suo nome spopola sui social e sui giornali.
“Viva l’Italia antifascista”
A metterlo sotto i riflettori è stata la frase gridata nel momento di silenzio che ha preceduto l’esecuzione dell’Inno di Mameli, prima che il Don Carlo di Verdi prendesse il via: “Viva l’Italia antifascista!”. L’urlo è risuonato all’interno del teatro richiamando l’attenzione di tutti. Anche degli agenti della Digos presenti, che lo hanno identificato.
"Me lo sono sentito dentro”
"Sono un po’ sbalordito che abbia una risonanza mediatica una frase lapalissiana. Siamo in un Paese antifascista, la frase è costituzionale”, ha commentato Vizzardelli nella mattinata di oggi, venerdì 8 dicembre. “Perché l'ho fatto? Proprio molto spontaneamente, un segnale mio che mi sono sentito dentro di dire davanti a queste persone: "Viva l'Italia antifascista". Basta, tutto qui. Me lo sono sentito dentro. Direi che lo rifarei, senza dubbio. Qualcuna delle reazioni me lo conferma”.
Il comunicato della Questura
Dalla Questura di Milano fanno sapere che “L'identificazione dei due spettatori presenti in galleria, avvenuta durante la Prima del Teatro alla Scala, è stata effettuata quale ordinaria modalità di controllo preventivo per garantire la sicurezza della rappresentazione. L'iniziativa non è stata assolutamente determinata dal contenuto della frase pronunciata, ma dalle particolari circostanze, considerate le manifestazioni di dissenso poste in essere nel pomeriggio in città e la diretta televisiva dell'evento che avrebbe potuto essere di stimolo per iniziative finalizzate a turbarne il regolare svolgimento. La conoscenza dell'identità delle persone ha consentito, infatti, di poter ritenere con certezza l'assenza di alcun rischio per l'evento”.
L’agente in borghese
“A metà del primo atto – ha raccontato Vizzardelli a proposito della serata alla Scala – si è avvicinato un individuo e ho capito che si trattava di un agente in borghese. Mi sono un po’ spaventato e mi ha fatto un gesto di stare tranquillo. Alla fine dell'atto mi ha mostrato il tesserino e mi ha detto che voleva identificarmi ma gli ho risposto che non avevo fatto nulla di male e che non aveva nessun senso dato che siamo in un paese democratico”.
Identificato nel foyer
Il giornalista ha spiegato poi che “Nel corso dell'intervallo sono andato nel foyer e lì mi hanno fermato in quattro: mi hanno detto che erano della Digos e che dovevano identificarmi. Ho ribadito che non aveva senso e poi l'ho buttata sul ridere, spiegando che avrebbero dovuto legarmi e arrestarmi se avessi detto ‘Viva l'Italia fascista’. Si sono messi a ridere anche loro ma mi han detto che dovevano fare così. E quindi mi hanno fotografato la carta d’identità”.
Prima delle polemiche
La vicenda di Vizzardelli è arrivata al termine di una lunga serie di polemiche che ha anticipato la serata della Scala e ha riguardato proprio il fascismo e il passato politico in particolare del presidente del Senato Ignazio La Russa, seduto in prima fila nel Palco Reale. La presenza di La Russa nella tribuna d’onore aveva suscitato prima la protesta di Anpi e Cgil, che avevano annunciato la volontà di non partecipare, al primo intervallo, ai tradizionali saluti istituzionali tra rappresentanti del governo e i membri dell’orchestra; poi la querelle e il balletto sui posti nel palco d’onore legato alla presenza in teatro di Liliana Segre. Con il sindaco Sala che dice di volersi sedere in platea per stare vicino alla senatrice a vita, La Russa che dice che allora ci starà anche lui in platea e, infine, la decisione di fare sedere Segre al centro del Palco – nel posto di solito occupato dal Presidente della Repubblica – con La Russa a destra e Sala a sinistra.
Salvini e La Russa
La frase gridata da Vizzardelli ha quindi dato nuova vita alla brace sotto la cenere. I membri del governo presenti però non hanno voluto commentare. Il vicepremier Matteo Salvini, seduto in seconda fila nel Palco reale ha detto che “Alla Scala si viene per ascoltare, non per urlare”, La Russa ha invece sostenuto di aver sentito la frase, così come la ministra per le Riforme istituzionali, Maria Elisabetta Alberti Casellati.
. Il giorno dopo Marco Vizzardelli tira dritto. Il giornalista 65enne che si occupa di equitazione, habitué della Scala, è stato identificato a Sant'Ambrogio dopo aver urlato «Viva l'Italia antifascista» dal loggione dopo l'inno di Mameli, poco prima dell'inizio della Prima della Scala del «Don Carlo» di Giuseppe Verdi.
«Durante il primo atto - racconta a LaPresse - sono stato avvicinato da un agente in borghese. Era buio, mi sono girato e sono trasalito un attimo, mi ha detto di stare tranquillo. Finito il primo atto, mi ha chiesto le generalità tirando fuori il distintivo. Io ho detto: "Scusi, ma perché? E me ne sono andato". Sono arrivati in quattro durante l'intervallo: "Siamo della Digos e vorremmo le sue generalità". E io: mi sembra un po´ strano. Loro mi hanno risposto: purtroppo, se gliele chiediamo, è tenuto a darcele. Io l'ho buttata in ridere e ho detto: se avessi detto viva l'Italia fascista giustamente mi avreste legato e portato via. A questo punto si sono messi a ridere e poi hanno detto: siamo perfettamente d'accordo con lei, ma abbiamo dovuto chiederle le generalità. Ed è finita lì, ma intanto era successo».Vizzardelli poi aggiunge: ». Alla domanda se si riferisse alle parole del vicepremier leghista, Matteo Salvini, che ieri sera ha commentato: «Chi urla alla Scala è nel posto sbagliato», risponde: «Che onore! Direi che ha fatto meglio» Ignazio La Russa «che ha detto: non ho sentito niente.