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Alessia Pifferi in aula: “Non ho ucciso mia figlia Diana, non sono un mostro né un’assassina”

Milano, nuova udienza del processo per la morte della bimba di 18 mesi. “In carcere non posso fare niente, le altre detenute mi gridano ‘Buongiorno assassina’”

"Non sono né un'assassina né un mostro, sono una mamma che ha perso sua figlia e non ho mai pensato che potesse accadere una cosa del genere alla mia bambina”. Lo ha detto stamani con dichiarazioni spontanee nel processo a Milano Alessia Pifferi, la 38enne in carcere per aver lasciato morire di stenti la figlia Diana di 18 mesi nel luglio 2022, abbandonandola in casa da sola per sei giorni. “Voglio ribadire a tutta Italia che non ho mai premeditato una cosa del genere, non ho mai voluto farle del male, sto già pagando il mio ergastolo avendo perso la mia bambina”, ha aggiunto la 38enne, che è accusata di omicidio volontario aggravato.

“In carcere mi gridano ‘Buongiorno assassina”

La 38enne ha parlato anche delle sue difficoltà legate alla vita al carcere San Vittore "in cui non posso fare nulla, sono sempre chiusa in cella e questo mi sta facendo uscire di testa". E anche delle violenze psicologiche subite dalle altre detenute che al mattino "mi gridano 'Buongiorno assassina'". Ma ha detto anche di essere stata picchiata dalle altre detenute. Non c'è giorno o minuto che io non pensi a Diana. Non sapevo di essere incinta ma l'ho accettata, per me Diana è stato il regalo più bello che la vita potesse darmi". 

Maria Assandri, madre di Alesia Pifferi, durante il processo per la morte della nipotina Diana
Maria Assandri, madre di Alesia Pifferi, durante il processo per la morte della nipotina Diana

Pifferi: “Io violentata a 10 anni”. E rivela chi è stato

Pifferi nelle sue lunghe dichiarazioni è partita dall'“infanzia di bambina sempre isolata, senza amici” con “l'insegnante di sostegno” e ha parlato del padre che “aveva un carattere violento e spesso picchiava anche mia mamma e io assistevo a queste sceneggiate e ho subito –  ha aggiunto – anche un abuso sessuale verso i 10 anni, ma non l'ho mai detto alla mia famiglia perché temevo di non essere creduta”. Ha fatto anche il nome della persona che avrebbe abusato di lei. “Mi hanno tolto da scuola mentre frequentavo un corso di operatrice sanitaria, perché dovevo accudire mia madre che stava male”. E ancora: “Io vivevo con pochissimi soldi. Tutti gli uomini che ho avuto mi prendevano in giro e giocavano con me. Non sapevo delle problematiche che avevo”.

Alessia Pifferi e la figlia Diana
Alessia Pifferi e la figlia Diana

“Diana morta tra sofferenze atroci”

Diana è morta di fame e sete a 18 mesi dopo “sofferenze atroci e terribili” con un “processo di progressivo indebolimento delle funzioni vitali” e si “trovava da sola a casa, perché lei, la madre, era corsa dal suo compagno e l'aveva lasciata là da sola”. E’ iniziata così la requisitoria del pm Francesco De Tommasi, che sta ripercorrendo tutte le “menzogne e bugie” raccontate dalla 38enne al suo compagno (che non è il padre della piccola) per nascondere che aveva lasciato la figlia sola in casa, poi morta di stenti. Bugie raccontate anche alla vicina di casa, alla quale disse che l'aveva lasciata con una baby sitter che era scomparsa, quando la 38enne rientrò a casa il 20 luglio 2022 e la trovò morta. “Oggi ci è venuta a dire che non è un'assassina, ma allora perché ha voluto sempre giustificare con tutti che la bimba non era sola in casa?”, ha aggiunto il pm. “Sapeva benissimo che era una cosa che non si fa”.

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Pm: “Pifferi è un’assassina che vuole solo sconti di pena”

"Il suo è uno sforzo inutile perché ogni volta che parla si presenta come una persona lucida, che con strategia vuole ottenere un obiettivo e in questo caso vuole un beneficio in termini sanzionatori”. Così il pm Francesco De Tommasi ha descritto il comportamento anche nel processo di Alessia Pifferi. Per quale motivo, ha chiesto il pm, “se lei non voleva uccidere, il 18 luglio 2022, quando torna col compagno a Milano da dove si è allontanata il 14 luglio, non passa” per vedere come sta la figlia “sola in casa con temperature altissime” e “solo con poca acqua e latte nel lettino?”. Pifferi, ha aggiunto il pm, ha detto anche su questo “l'ennesima bugia”, ha detto che temeva “la reazione del compagno”, ma a lui aveva già detto che la piccola “era al mare con la sorella”. Lei, ha proseguito il pm, “lo fa solo perché aveva paura che il compagno troncasse la relazione e voleva passare con lui più giorni possibili”. Pifferi, ha ribadito il pm, “ha avuto mille possibilità di salvare la vita a sua figlia. Lei ha studiato, congegnato tutto ha capito come funzionano le contestazioni penali e ci viene a raccontare l'ennesima bugia perché spera che il suo comportamento possa essere considerato in modo diverso, perché possa avere degli elementi a favore”.

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In aula i dettagli raccapriccianti della morte

Una volta in casa, "la solleva e la lava, le cambia il vestitino e la ripone all'interno della culla" poi lancia l'allarme chiamando una vicina, ma non c'è più niente da fare. Il pm descrive nei dettagli le condizioni “raccapriccianti” in cui è stata lasciata per quasi una settimana la piccola, che non poteva nemmeno muoversi dal letto. E le condizioni “terribili” in cui è stato trovato il corpicino. “Non aveva acqua e cibo a sufficienza per resistere”, ha chiarito raccontando “la paura, la fame e la sete che questa bambina ha avvertito, arrivando a mangiato un pezzo di pannolino" svela il pm. Poi rivolto ai giudici, “vi chiederà di essere più clementi, più miti, più comprensivi”. Lo “scopo prima”, ossia quello dell'omicidio, “era di divertirsi col suo compagno, ora il suo scopo è di ottenere benefici”.

Viviana Pifferi, sorella di Alessia
Viviana Pifferi, sorella di Alessia

Nonna e zia di Diana in lacrime 

Ha pianto a lungo Viviana Pifferi, sorella di Alessia e zia di Diana, quando il pm nella sua requisitoria in aula ha descritto nei dettagli, anche attraverso le testimonianze di chi ha visto il corpo, quali fossero le condizioni della piccola e cosa avrebbe cercato di fare la bimba per resistere in quei giorni, sola in casa. Anche il pm Francesco De Tommasi nel corso della requisitoria e leggendo alcuni passaggi degli atti si è visibilmente commosso a tratti. "Questa è la morte terribile di un essere umano – ha spiegato – e in questo caso è una bambina, che sa solo sorridere e invece viene trovata così”. In aula anche la nonna della bimba, madre di Alessia Pifferi, nonna anche lei in lacrime nel corso della requisitoria.

La difesa della 38enne: “Turbe psichiche già a 6 anni”

E oggi la difesa ha chiesto ai giudici un'integrazione della perizia psichiatrica, che aveva già certificato la capacità di intendere e volere della 38enne. La Pifferi era seguita già tra i “6 e gli 11 anni” dai servizi di neuropsichiatria infantile territoriale e aveva avuto già “una diagnosi funzionale di turbe psichiche e gravi ritardi cognitivi”, certificata “da una cartella clinica che abbiamo recuperato ieri grazie al Policlinico”, sottolinea l’avvocato Alessia Pontenani, legale di Alessia Pifferi. Con questi documenti e con quelli scolastici, che dimostrano che "aveva un insegnante di sostegno”, la difesa punta a ribaltare l'esito della perizia e ha chiesto una nuova valutazione sulla base di quelle carte che dimostrano “il suo grave deficit cognitivo” che aveva “sin da bambina”. Lei “aveva il ciuccio fino a tarda età e un bavaglino sempre con sé”. 

I giudici: "No all’integrazione della perizia”

I giudici di Milano hanno rigettato la richiesta della difesa ritenendo che "non appare assolutamente necessario l'integrazione della perizia, alla luce delle approfondite valutazioni psichiatriche del perito e dei consulenti delle parti". Il pm Francesco De Tommasi prima della requisitoria aveva chiesto il rigetto della richiesta, perché dalle carte non si evincono "quali siano problemi patologici ma si parla solo di problemi di apprendimento, una situazione molto diffusa tra i bambini”.

La richiesta: ergastolo

Il pm di Milano Francesco De Tommasi ha chiesto infine la condanna all'ergastolo per Alessia Pifferi, accusata dalla Procura, davanti alla Corte d'Assise, di omicidio volontario aggravato dalla premeditazione, dai motivi abietti e futili e dal fatto di aver ucciso la figlia.