Torna davanti alla Corte d’Appello di Milano, che dovrà celebrare un nuovo processo, il caso di don Mauro Galli, ex parroco di Rozzano condannato in primo e in secondo grado per abusi avvenuti più di dieci anni fa su un 15enne. La Cassazione nella tarda serata di ieri ha accolto infatti il ricorso del difensore del sacerdote, ora sospeso, rimandando gli atti a Milano e disponendo un appello “bis“. «Sicuramente ci dispiace per questa decisione – spiega Francesco Zanardi, fondatore dell’associazione Rete L’Abuso, che assiste le vittime – e attendiamo di leggere le motivazioni della sentenza». La vittima si era definita in passato «un sopravvissuto», ha raccontato di aver tentato il suicidio cinque volte, di aver «perso anni di scuola» per le drammatiche conseguenze di episodi avvenuti quando aveva solo 15 anni. Da parte sua, il sacerdote ha sempre negato gli abusi. Il suo difensore, l’avvocato Mario Zanchetti, nei mesi scorsi aveva impugnato la sentenza della Corte d’Appello di Milano che aveva confermato, con una riduzione della pena, la condanna inflitta in primo grado.
«Galli ha tradito gravemente il suo ruolo di sacerdote nonché la fiducia che la vittima riponeva in lui e ha approfittato delle condizioni di particolare fragilità, conseguente alla profonda e intima confessione cui proprio quella sera il ragazzo si era sottoposto», si legge nelle motivazioni della sentenza della Corte d’Appello di Milano impugnate dalla difesa del sacerdote. Cinque anni e mezzo la pena inflitta dai giudici milanesi, con la concessione delle attenuanti generiche equivalenti alle aggravanti per aver risarcito la vittima e i suoi genitori, sostenuti dall’associazione Rete L’Abuso, con oltre 100mila euro. «Le prove che emergono dagli atti sono inequivocabili», hanno motivato i giudici milanesi. Prima davanti agli inquirenti nell’inchiesta e poi nel suo interrogatorio in aula, don Galli aveva sempre ammesso di avere dormito nel letto matrimoniale con il ragazzo, ma aveva negato di averlo «toccato» o «abbracciato». La difesa aveva sostenuto la «inattendibilità» del racconto del ragazzo. Dopo il processo di primo grado, la madre del giovane si era sfogata definendo «maldestra» la gestione della vicenda da parte dell’arcivescovo di Milano Mario Delpini, che all’epoca era vicario episcopale della zona pastorale numero 6 (sotto cui ricadeva la parrocchia di Rozzano), e che nel 2012 aveva anche avuto un incontro con i familiari dell’adolescente.
In seguito all’episodio don Galli era stato trasferito dall’Arcivescovado di Milano nella parrocchia di San Pietro a Legnano, dove per qualche mese gli era stata affidata la pastorale giovanile. Attualmente don Galli resta sospeso da ogni incarico pastorale, in attesa dell’esito del procedimento. Fra gli atti, le relazioni che testimoniano i pesanti danni psicologici subiti dal ragazzo, più volte ricoverato in psichiatria per crisi. La patologia psichiatrica, scriveva il consulente della Procura nella sua relazione, «non presenta disturbi all’ideazione, non vi sono fenomeni allucinatori né alterazioni o fughe di pensiero, né interpretazioni paranoidee». Non sussiste, quindi, «uno stato psichico che possa invalidare la capacità di riferire i fatti da lui vissuti». Il ragazzo era stato ritenuto dai medici e dai giudici perfettamente credibile, ma il caso dovrà tornare davanti a una sezione della Corte d’Appello di Milano diversa rispetto a quella che ha già giudicato il prete colpevole.