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Cinque anni al capo manutentore. Nel disastro ferroviario morirono in tre, i parenti: "Siamo sconvolti"
di Anna GiorgiMILANOSette anni di processo da quel 25 gennaio 2018 in cui, alle 6.57 del mattino, il regionale 10452 Cremona-Milano Porta Garibaldi, deragliò a Pioltello, provocando tre vittime (Ida Milanesi, Alessandra Giuseppina Pirri e Pierangela Tadini), il ferimento di altre 100 persone e più di 6 milioni di euro di danni. E ieri, oltre quattro ore di camera di consiglio, prima di un pronuncia di assoluzione per quasi tutti gli imputati: tutti i manager assolti, perché, in sintesi, non ci sono prove di condotte commissive o omissive in relazione al giunto rotto, causa del disastro, né prove dell’informazione sulla scarsa manutenzione. Unico condannato il "capo dei manutentori" di quella tratta ferroviaria. Per i giudici la sua colpa è stata aver "sottovalutato il rischio, a lui noto, di rottura del giunto ammalorato del binario", cioè la causa dell’incidente.
I giudici del collegio presieduto da Elisabetta Canevini hanno, quindi, ritenuto responsabile dei reati di disastro ferroviario colposo, omicidio, lesioni colpose, solo Marco Albanesi, all’epoca responsabile dell’unità di Brescia di Rfi. Albanesi è stato condannato a 5 anni e 3 mesi, con le attenuanti generiche e l’interdizione dai pubblici uffici per cinque anni. I pm avevano chiesto per lui 6 anni e 10 mesi. Tutti gli altri sette imputati sono stati assolti dalle accuse di disastro ferroviario colposo e omicidio e lesioni colpose con formula piena "per non aver commesso il fatto". Si tratta di Maurizio Gentile, l’ex ad di Rfi, e dell’ex direttore di produzione, Umberto Lebruto, ora ad di Fs Sistemi Urbani, per i quali i pm avevano chiesto 8 anni e 4 mesi. Assolto anche Vincenzo Macello, ex direttore territoriale della Lombardia e ora vice dg di Rfi, per il quale la Procura aveva chiesto 7 anni e 10 mesi. Assolto pure Andrea Guerini, ex responsabile delle Linee Sud della Dtp di Milano, per il quale i pm avevano chiesto 6 anni e 10 mesi.
Per gli altri tre imputati erano stati gli stessi pm che avevano chiesto le assoluzioni: si tratta di Moreno Bucciantini, ex capo reparto Programmazione e controllo, di Ivo Rebai, all’epoca a capo della Struttura operativa ingegneria della Dtp di Milano, e di Marco Gallini, ex dirigente della struttura organizzativa diagnostica. Per Rfi, imputata in base alla legge sulla responsabilità amministrativa degli enti, era stata proposta una sanzione pecuniaria di 900mila euro. Anche la società è stata assolta. Rfi esprime "grande soddisfazione", "rinnova il cordoglio per le vittime" e "ribadisce la vicinanza ai familiari". Laura Trio, la madre di Alessandra Giuseppina Pirri, invece, sconfortata: "Ricordare è dolore e io ricordo tutti i giorni". Valentina Tagliaferri è la figlia di Ida Milanesi: "Sono sconvolta".
Per Gentile, Lebruto e Macello è caduta, "perché il fatto non sussiste", anche l’accusa di "omissione dolosa di cautele contro infortuni sul lavoro". Per tutti gli imputati sono cadute "per non doversi procedere" anche una parte di accuse di lesioni per le quali mancavano le querele o sono state rimesse. Lebruto e Macello hanno pianto alla lettura della sentenza e se ne sono andati senza rilasciare dichiarazioni. Per loro ha parlato l’avvocata Ambra Giovene: "È una sentenza sorprendente, una scelta del Tribunale che ci entusiasma, che mostra totale indipendenza di giudizio". L’avvocata ha chiarito che, in sostanza, i giudici hanno individuato la responsabilità "soltanto sul territorio", ossia sull’unità che si occupava della manutenzione. Una sentenza che ha mostrato, secondo la legale, "una totale indipendenza di giudizio rispetto alla Procura, che subito aveva individuato responsabilità nei vertici".
Fu la rottura di un giunto in pessime condizioni, accertarono le indagini della Polizia ferroviaria, a portare al deragliamento nel cosiddetto “punto zero” dove si ruppe uno spezzone di rotaia di 23 centimetri. Per i pm il disastro avvenne a causa di una lunga serie di "omissioni" nella "manutenzione" e nella "sicurezza" tutte "riconducibili all’interesse della società", in quanto la manutenzione su quella tratta "avrebbe comportato tempi di indisponibilità dell’infrastruttura incompatibili con gli obiettivi aziendali".