
Un'aula (repertorio)
«Devono ritenersi illegittimi i provvedimenti con i quali il Ministero rigetta le istanze di riconoscimento dei titoli conseguiti in Spagna senza dare conto di alcuna attività istruttoria compiuta e senza analizzare comparativamente i percorsi formativi svolti nei due Stati membri coinvolti". Così il Tar del Lazio ha accolto il ricorso presentato da 19 insegnanti - 15 dei quali lavorano nelle scuole milanesi - che avevano conseguito l’abilitazione sul sostegno in Spagna.
La vicenda ha inizio nel 2021, con la richiesta di riconoscimenti del titolo e lo stop da parte del Ministero dell’Istruzione e del Ministero dell’Università e della Ricerca. Difesi dagli avvocati Biancamaria Celletti, Francesco Vannicelli e Sara Berengan i docenti hanno presentato un ricorso collettivo. "Nessuno mette in dubbio che la formazione universitaria e post liceale si possa fare al di fuori dell’Italia – la premessa dell’avvocato Vannicelli –. Nel caso della formazione degli insegnanti di sostegno c’è un problema di fondo: l’accesso a numero chiuso, anzi chiusissimo. Le università bandiscono 10mila posti per il Tfa (tirocinio formativo attivo, ndr) per l’abilitazione sul sostegno a fronte di un fabbisogno attuale di circa 103mila insegnanti. Ovvero viene coperto solo il 10% dei posti".
"A fronte di questa situazione – continua il legale –, dal 2017 si è sviluppata una formazione all’estero, in Romania e in Spagna, dove è più semplice l’accesso alla sede universitaria e viene strutturato esattamente lo stesso corso disciplinato dal decreto ministeriale 249 del 2010, che prevede 1.500 ore, di cui 300 ore di tirocinio". Le lezioni teoriche solitamente si svolgono a distanza, con sottotitoli o in italiano. Il tirocinio in Spagna.
«Il corso all’estero costa intorno ai seimila euro - spiega Vannicelli –, ma non è che in Italia il Tfa non si paghi: siamo sui quattromila". Dal 2021 è cominciato un contenzioso sulla legittimità dei corsi. "Poi un anno fa l’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato ha emanato una sentenza, la 22 del 2022, nella quale è stato ribadito che potersi formare all’estero è un diritto del cittadino comunitario e che anche i corsi di sostegno sono validissimi – sottolinea l’avvocato –. Nei casi in cui non si ritenga si siano svolte le stesse materie si possono chiedere misure compensative, esami in più". Ma non si può vietare l’accesso all’insegnamento a priori. Come di fatto è avvenuto lo scorso anno per i 19 ricorrenti, che non hanno potuto lavorare.
«Non può essere ritenuto ostativo al riconoscimento della eventuale equipollenza la richiamata differenza tra titoli ufficiali e “titoli propri”", si legge nella sentenza del Tar: "Il Ministero dell’Istruzione deve valutare in concreto, all’esito di appropriata istruttoria e motivazione, previo parere del Ministero dell’Università e della Ricerca, se il percorso di specializzazione seguito in Spagna dagli interessati abbia il medesimo contenuto di quello richiesto per essere ammessi in Italia all’insegnamento di sostegno, salva l’adozione di specifiche e opportune misure compensative, ove necessaria". Le istanze di riconoscimento vanno quindi riesaminate. "E speriamo avvenga in breve tempo – chiude Vannicelli – in modo che questi insegnanti possano essere inseriti al più presto in graduatoria e in ruolo, visto che si stanno ancora assegnando incarichi".