Maria Giuseppina Di Consolo è una donna combattiva, che non si è fatta piegare nemmeno da una delle prove più dure che la vita possa riservare: un tumore.
Se ha deciso di raccontare la sua esperienza, pur in un percorso terapeutico non ancora del tutto chiuso, è anche per esprimere gratitudine allo staff del reparto di oncologia del Predabissi, che l’ha avuta in cura.
"Un ospedale dove ho trovato professionalità e umanità – dice –. Mi hanno fatta sentire come in famiglia. E io mi ci sono affidata totalmente: la fiducia è stato il mantra di questo percorso".
La storia di Giusy, 59 anni, residente a Peschiera e vicepresidente della cooperativa sociale Eureka di San Donato, comincia come quella di tante donne con una storia analoga: un nodulo al seno, avvertito durante la doccia. Da lì è iniziato un insieme di esami e approfondimenti, con una diagnosi impietosa: tumore triplo negativo, con un’aggressività dell’80%. Caso complesso. Era il novembre scorso.
"È stato come ricevere un pugno in faccia, tanto più che non avevo sintomi, stavo benissimo. Dopo aver saputo la diagnosi, per un’intera settimana mi sono trasferita a casa di un amico, a Milano, e non ho fatto altro che guardare film e serie tv, a oltranza. Avevo bisogno di staccare il cervello, che andava a mille, e trovare la forza per dirlo ai miei familiari. La cosa più difficile è stata dare la notizia ai miei figli, di 29 e 27 anni, e ai miei genitori: temevo le loro reazioni, prima ancora delle mie".
"Il tumore è stato diagnosticato al Predabissi e qui, dopo un passaggio allo Ieo, sono stata inserita per iniziare subito la chemioterapia – racconta –. Dopo quattro mesi di trattamento, sono stata operata, ad aprile. Ora dovrò fare un ciclo di radioterapia, questa volta a San Donato, ma intanto le notizie sono buone: al momento dell’intervento la massa, inzialmente di tre centimetri, si era ridotta a un centimetro e l’aggressività era scesa al 10%. So che non è ancora finita, mi aspetta tra l’altro un lungo iter di controlli, ma adesso vedo una strada in discesa".
Giusy ci sta mettendo tutta la grinta di cui è capace ("signora, lei è un drago", le ha detto uno dei medici che l’ha avuta in cura), ma senza un contesto attento e sensibile la sfida sarebbe stata ancora più dura.
"In questi casi è importante sentirsi accolte, poter contare anche su un aiuto psicologico, non doversi preoccupare delle pratiche burocratiche legate ai ricoveri. Un grazie di cuore al primario del reparto, Andrea De Monte, alle dottoresse Silvia Sari, Laura Dezza e Lea Regolo e all’infermiera Antonella Scirpoli. Doveroso citarli tutti, perché davvero se lo meritano".
Alessandra Zanardi