Milano, 10 giugno 2015 - Dalla prefettura assicurano che tutto si risolverà nel giro di pochi giorni. Che presto le onlus «Fondazione Progetto Arca» e «Farsi Prossimo» si vedranno rinnovare dal ministero dell’Interno, proprio per il tramite di Palazzo Diotti, la convenzione grazie alla quale hanno finora garantito assistenza ai profughi siriani ed eritrei nei tre centri d’accoglienza aperti dal Comune in via Aldini, via Mambretti e a «Casa Suraya», in via Padre Salerio. Tali convenzioni sono scadute già dal 31 marzo scorso e da allora le associazioni stanno lavorando coi migranti senza coperture legali né economiche. «Non possiamo andare avanti così ancora per molto» sospirano i volontari.
Uno stallo dovuto ad un contenzioso che ormai da settimane divide il Viminale e la Prefettura da un lato, le due associazioni e il Comune dall’altro: il contenzioso sull’opporunità di comprare ai profughi schede telefoniche ricaricabili di almeno 15 euro. Per il ministero dell’Interno - e quindi per corso Monforte - la questione non dovrebbe neanche porsi: piaccia o no, le associazioni che si candidano ad assistere richiedenti asilo, profughi e migranti hanno l’obbligo di utilizzare una parte dei fondi dello Stato per procurare ai propri assistiti tessere prepagate di telefonia mobile. Lo prevede, per l’esattezza, la convenzione redatta dallo Sprar nel 2011 in occasione dell’emergenza Nord Africa. Ed è proprio qui che origina la controcontestazione del Comune, a sostegno delle stesse associazioni, che finora non hanno ritenuto di dover rifornire i profughi delle ricariche telefoniche. «La convenzione presa a modello dal ministero riguarda i richiedenti asilo, ovvero: persone che intendono stabilirsi nel nostro Paese – spiega l’assessore comunale alle Politiche sociali, Pierfrancesco Majorino –. Il caso dei profughi che dalla Libia continuano ad arrivare in Italia e a Milano invece è diverso: queste sono persone in transito, non ha alcun senso procurare loro delle schede telefoniche per i pochi giorni di permanenza nelle nostre strutture». In media i giorni di permanenza sono tre, non di più.
Dal canto loro, le associazioni coinvolte nella querelle sollevano poi obiezioni economiche: «Riceviamo dallo Stato 25 euro al giorno per ogni migrante assistito – spiegano i volontari dal mezzanino della stazione Centrale –: con questa diaria dobbiamo garantire vitto, alloggio, medicinali e altre eventuali necessità a chi arriva a Milano». Solo il kit antiscabbia costa, ad esempio, 23 euro. «Non possiamo quindi permetterci di spendere 15 euro per ricariche telefoniche che non sarebbero di alcun aiuto ai nostri assistiti». Muro contro muro? Sì, almeno fino a ieri, quando dalla prefettura hanno prima precisato che «l’obbligo di fornire gli assistiti di schede telefoniche è previsto dalle norme fissate a livello ministeriale» per poi assicurare, però, che «le convenzioni alle due associazioni sono comunque in fase di rinnovo». La macchina dell’accoglienza non può infatti permettersi intoppi, non in questi giorni. Circa 300 i migranti arrivati ieri a Bresso, 120 quelli presenti al mezzanino della stazione Centrale e solo donne e bambini potranno trovare posto per la notta nei centri comunali, letteralmente strapieni. giambattista.anastasio@ilgiorno.net