Milano - Oksana è arrivata in Stazione Centrale un anno fa. Scappava dalla guerra con i suoi tre figli - tutti minorenni - e il cagnolino. Ricorda le code in macchina al confine, accompagnata dallo zio. "Non sapevamo cosa avremmo trovato - racconta -, ci hanno subito dato da mangiare, un posto per riposare e fare la doccia, ci hanno aiutati con i documenti. Un sospiro di sollievo. Prima siamo stati accolti in ’Casa Jannacci’, poi ci hanno dato un appartamento della cooperativa Farsi Prossimo per la famiglia. Ho capito che poteva esserci un futuro, ho cercato di trovarlo per i miei bambini, sperando che la guerra finisca presto".
La rete di accoglienza
Oksana è tra le 1.700 persone accolte dalla rete di Caritas Ambrosiana che, a un anno dall’emergenza, stila un primo bilancio degli aiuti inviati in Ucraina e Moldova e di quelli dedicati all’accoglienza dei profughi ucraini a Milano. "C’è stata una forte mobilitazione della popolazione - ricorda Chiara Colombo di Caritas Ambrosiana -. In quattromila tra parrocchie, associazioni e cittadini hanno offerto disponibilità. Tramite i canali istituzionali (centri di assistenza straordinaria, Sai e accoglienza diffusa) abbiamo accolto 815 persone nel 2022, tra le quali 327 minori. Al 31 gennaio sono 506 i profughi ucraini di cui 109 minori". A questo si aggiunge la rete informale. "Oltre il 90% dei profughi è stato accolto da parenti e conoscenti e 79 parrocchie hanno ospitato 846 persone tra cui 432 bambini; oggi sono 55 le parrocchie che continuano ad accogliere 405 persone di cui 192 minori". Nel territorio diocesano, per attività a sostegno dei profughi, sono stati investiti un milione e 800mila euro. Cibo, vestiti, coperture delle utenze, kit scolastici, corsi di italiano. Oltre alle soluzioni abitative.
Esigenze differenti
La cooperativa Farsi Prossimo ha messo a disposizione 300 posti, in parte convenzionati con la Prefettura e in collaborazione con Caritas, Comuni di Milano e Cormano. "Abbiamo accolto più di 600 persone dall’inizio della guerra - spiega Sara Peroni -. Per il 55% donne, per il 35% minori. Ci siamo dovuti confrontare con caratteristiche inedite rispetto al passato: per esempio il 10% dei profughi ha un’età superiore ai 60 anni. Alcuni sono arrivati con gli animali domestici. E chiedevano una mobilità maggiore, per ritornare in patria, per raggiungere le famiglie in altre parti di Italia o d’Europa. Abbiamo dovuto pensare a dispositivi che rispondessero a queste necessità".
"Da subito abbiamo cercato di svolgere un ruolo di coordinamento delle tante iniziative che spontaneamente erano partite in auto dei profughi - sottolinea Luciano Gualzetti, direttore di Caritas Ambrosiana -. I numeri sono stati fortunatamente inferiori alle disponibilità che abbiamo raccolto, sia nelle parrocchie che da privati cittadini. Molti dei profughi sono arrivati in Italia perché avevano parenti e conoscenze". Resta alta la preoccupazione. "Questa guerra ci ha mostrato, se ce ne fosse bisogno, il rischio di un conflitto che non ci lasci più pensare al futuro. Siamo 'condannati' a prendere la strada della pace. È l’unica che abbiamo".